Roma - «La stagione giudiziaria che ci aspetta si conferma sempre più preoccupante: piena di suggestioni colpevoliste, ossequiosa verso la pancia della piazza, del tutto incurante dei principi costituzionali». La voce del penalista Francesco Paolo Sisto (Fi) è chiosa autorevole agli intenti punitivi del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che ieri ha così commentato il rinvio della riforma delle intercettazioni contenuta nel decreto milleproroghe. «Impediamo che venga messo il bavaglio all'informazione perché la riforma Orlando era stata scritta con l'intento di impedire ai cittadini di ascoltare le parole dei politici indagati», ha dichiarato. «Ogni passata riforma è coincisa con uno scandalo e l'ultima è stata fatta in concomitanza col caso Consip», ha aggiunto Bonafede sottolineando che «ogni volta che qualcuno del Pd veniva ascoltato qualcuno del Pd tendeva a tagliare la linea». Immediata la replica dell'ex premier Matteo Renzi il cui genitore è stato coinvolto nell'inchiesta. Il ministro, ha commentato, «non ha capito niente o è in malafede: la riforma delle intercettazioni è dell'agosto 2014, nessuno immaginava lo scandalo, il complotto Consip», ma «Bonafede-Malafede potrebbe venire in aula e raccontarci che si diceva e scriveva con Lanzalone», plenipotenziario del sindaco Raggi coinvolto nello scandalo Stadio della Roma.
Il provvedimento sarà riscritto «attraverso un percorso partecipato», ha aggiunto Bonafede e i circa 40 milioni stanziati per comperare attrezzature non sono persi perché queste «potranno essere utilizzate per qualsiasi norma sulle intercettazioni». Il dato poco incoraggiante è la soddisfazione dell'Associazione nazionale magistrati che aveva lanciato una sorta di diktat al governo «amico». Il presidente Anm, Francesco Minisci si è detto soddisfatto per «il grido d'allarme andato a buon fine e dunque la riforma delle intercettazioni è stata bloccata». Le norme varate dall'ex ministro Orlando, secondo Minisci, erano «una cattiva riforma che non solo non avrebbe raggiunto l'obiettivo di tutelare la privacy, ma soprattutto avrebbe danneggiato le indagini». Insomma, è pressoché certo che quella corrente della magistratura che vede in Piercamillo Davigo un modello da seguire sia un interlocutore molto influente di Bonafede.
Tanto più che la riforma delle intercettazioni di Orlando non era certo una «legge bavaglio» come l'hanno bollata i pentastellati. In pratica consentiva di escludere da verbali e ordinanze «ogni riferimento a persone solo occasionalmente coinvolte dall'attività di ascolto e di espungere il materiale non rilevante a fini di giustizia». Insomma, il pm avrebbe dovuto vagliare cosa fosse utile e cosa no e custodirlo fino alla conclusione delle indagini. Previste pene fino a 4 anni per la divulgazione fraudolenta di quei contenuti. Una blanda svolta garantista che all'Anm non piaceva. Bonafede li ha accontentati. Il futuro, dunque, assomiglierà a un Grande Fratello legalizzato, come conferma il presidente della commissione Giustizia, Giulia Sarti (M5S): «È necessario potenziare le intercettazioni, strumento essenziale, soprattutto in quei casi in cui, come nei reati di corruzione, l'impiego è ancora limitato».
L'altra di proroga di maggiore importanza è il rinvio di 90 giorni della riforma delle banche di credito cooperativo con l'operatività delle holding alle quali le piccole Bcc devono affiliarsi.
«Viene rafforzato il mantenimento effettivo del carattere di credito cooperativo in modo che le banche abbiano tempo di valutare cosa fare», ha dichiarato il ministro dell'Economia Tria. In sintesi, le più virtuose conserveranno maggiore autonomia. Il silenzio di Bankitalia sul decreto, però, non promette bene.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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