La maggioranza si salva sul pasticcio prescrizione. E Renzi aiuta i manettari

Italia viva si nasconde dietro al rinvio per evitare la rottura. Boschi: "No passi indietro"

La maggioranza si salva sul pasticcio prescrizione. E Renzi aiuta i manettari

Alla fine, la maggioranza non si spacca sulla prescrizione. Con 72 voti di differenza, l'aula di Montecitorio ieri pomeriggio ha deciso di rinviare in commissione la proposta di legge Costa, firmata dal responsabile giustizia di Forza Italia, che vuole sopprimere la controriforma grillina che abolisce la prescrizione, e i renziani - che si erano detti pronti ad approvarla con il centrodestra - si limitano invece a non partecipare al voto che avrebbe sancito la rottura. Il tutto dopo una girandola di incontri di maggioranza e molte pressioni del Pd: «Non potete votare con la destra, vi mettete fuori dalla maggioranza».

«Abbiamo ottenuto comunque un risultato importante - spiega Gennaro Migliore - perché grazie alla nostra iniziativa si è riaperto un tavolo di discussione per introdurre modifiche serie alla deriva giustizialista impressa dai grillini e fin qui subita dal Pd». La pistola appoggiata sul tavolo dai renziani prende la forma di un emendamento al decreto Milleproroghe, a firma Lucia Annibali, che congelerebbe per un anno l'entrata in vigore dell'antiprescrizione firmato da Bonafede e varato dal governo Lega-Cinque Stelle. «Quella sulla prescrizione è una battaglia di civiltà. Non facciamo un passo indietro», promette Maria Elena Boschi, che partecipa alla manifestazione anti-Bonafede promossa dall'avvocatura davanti alla Camera.

«Ora - spiegano in casa renziana - la patata bollente la ha in mano il Pd, che sulla questione prescrizione è in grandissima difficoltà: non solo per le pressioni interne di chi non digerisce la linea giustizialista, ma anche per la rivolta dell'avvocatura e dei tantissimi giuristi che hanno denunciato i pericoli di quella riforma, che demolisce lo stato di diritto». I dem, insomma, dovranno decidere se votare contro l'emendamento renziano, rimangiandosi tutte le (vaghe) promesse fatte fin qui di ottenere miglioramenti sostanziali alla Bonafede, oppure votare a favore incorrendo nella tremenda ira dei grillini, che si aggrappano alla bandiera delle manette come a una zattera di salvataggio.

I mugugni nel Pd sono molti («Ma possiamo continuare a farci imporre la linea da un partito di morti che camminano come M5s?», inveiva un deputato dem con dei colleghi), ma finora l'unica ad avere il coraggio di uscire allo scoperto è stata la deputata calabrese Enza Bruno Bossio, che sfoggiava in Transatlantico lo spillone delle Camere penali con la scritta «Imputato per sempre? No grazie». «Il Pd - dice la parlamentare - deve ritornare alle battaglie riformiste e non essere subalterno al grillismo. E credo che nel gruppo molti la pensino come me». La linea Zingaretti, per il momento, è quella di blandire il più possibile gli alleati 5s, nella speranza di convincerli a sottoscrivere un patto di «alleanza organica» alle prossime regionali, e quindi di evitare ogni motivo di scontro.

Ma qualche risultato migliorativo il Pd dovrà riuscire in questi giorni ad ottenerlo.

Anche perché il famoso «lodo Conte», ossia la proposta di mediazione messa sul tavolo dal premier e che prevedeva meccanismi diversi della prescrizione a seconda che gli imputati fossero stati condannati o assolti alla fine del processo di primo grado, è rapidamente finita nel cestino.

Non solo perché i renziani la hanno respinta, ma anche perché - nonostante il presidente del Consiglio si autodefinisca «giurista» - era palesemente anticostituzionale.

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