Roma Alla fine, per uno di quegli strani paradossi che regolano la vita sull'abisso giudiziario di questo Paese da 26 anni, potrebbe persino rivelarsi il colpo più «azzeccato» della campagna elettorale di Sergio Pirozzi, candidato governatore del Lazio contro tutto e tutti. Ma tali e trasversali sono stati gli attestati di solidarietà e stima giunti al sindaco di Amatrice - da ieri, a venti giorni dal voto, ufficialmente sotto indagine per omicidio e lesioni colpose - da far chiedere se l'effetto mediatico dell'incredibile vicenda giudiziaria non possa fortemente influenzare le elezioni del 4 marzo. E non proprio in senso negativo.
Chiudendo l'inchiesta sul crollo di una palazzina ex popolare ad Amatrice, in largo Sagnotti 1, già lesionata dal terremoto dell'Aquila del 2009 e venuta giù nella scossa del 24 agosto 2016, i pm reatini Rocco Gustavo Maruotti e Lorenzo Francia scrivono che Pirozzi «ha consentito o comunque non ha impedito il rientro e la permanenza nelle proprie abitazioni degli inquilini residenti dell'immobile». Nel crollo morirono sette persone. Sette, oltre a Pirozzi, sono anche gli indagati, tra tecnici e Polizia municipale. Un «atto dovuto», come si dice in questi casi, ma anche una tempistica così assurda da suscitare dubbi e perplessità. Oltre che, naturalmente, l'irruenta arringa difensiva del primo cittadino amatriciano. Durante una conferenza stampa-lampo, tra rabbia ed emozione, Pirozzi declamava i fatti dando una scossa alla fin qui un po' bolsa campagna elettorale. «È chiaro e lampante che qualcuno vuole distruggere un uomo, ma non ci riusciranno!». E quindi: «Nessuno è fesso. Le persone sanno capire, sanno interpretare. Questo è un Paese che cerca sempre di trovare capri espiatori, qui vogliono abbattere un simbolo!... Ma i simboli, finché hanno il sostegno della gente, non saranno mai abbattuti!». Momenti aulici, nei quali la retorica pirozziana si tagliava con il coltello. «La mia colpa? Quella di aver causato il più grande terremoto da quello del 1915 di Avezzano... quella di aver assistito alla devastazione di una comunità e di tanti amici!». Ovvio il riferimento stupefatto al «tempismo» di un «magistrato che va in pensione il primo marzo». Infine, l'aulica chiusa: «Sono un uomo di montagna, il fango non mi spaventa, vado avanti a testa alta».
Ma che il «colpo basso» si sia tramutato con il passare delle ore in un colpo d'ala, viene testimoniato dal punto centrale del caso che, come tanti altri , investe l'agire dei sindaci, in generale, e durante le catastrofi naturali. «Invece di aiutare, indagano i sindaci dei paesi terremotati: una follia!», s'indignava il leghista Salvini. L'Anci emetteva un comunicato del presidente Decaro (sindaco di Bari): «Basta sindaci bersaglio». Il principale avversario di Pirozzi, il candidato del centrodestra Stefano Parisi, oltre a definirsi «allarmato» e convinto che il sindaco «saprà dimostrare la sua innocenza», puntava l'indice sull'«intervento della magistratura nelle campagne elettorali: è ora di dire basta». Attestato personale di solidarietà anche dall'altro avversario «interessato», Nicola Zingaretti («Auguri, Sergio...
saprai dimostrare la tua estraneità»), che dalla presenza in campo di Pirozzi s'attende la perniciosa divisione del fronte di centrodestra, nelle ultime settimane dato in grande rimonta. Così la giornata terribile finiva con un Pirozzi (quasi) rinfrancato che ringraziava tutti, specificando però che «solo chi ha fatto il sindaco mi può capire...».
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