Elezioni Europee 2019

Mai così tanti alle urne Un'onda verde a Bruxelles

Record di affluenza negli ultimi 20 anni. Ppe e Sd per la prima volta dal '79 non sono maggioranza

Mai così tanti alle urne Un'onda verde a Bruxelles

A ddio alla noia. Il duello europeisti-sovranisti appassiona gli europei che si mobilitano come non era mai avvenuto negli ultimi vent'anni, con un'affluenza al 50,5% rispetto al 42,6% del 2014 e la Germania che segna il dato più alto dalla riunificazione. Resiste allo tsunami dei nazionalismi ma è destinata a cambiare volto l'Europa della leader de facto Angela Merkel, che si scopre decisamente più verde, con l'avanzata degli ecologisti, ma insidiata dall'anti-Merkel, Marine Le Pen, l'altra donna di ferro di questa sfida per i destini del continente, in cui l'Italia giocherà la sua parte. La cancelliera tedesca si conferma baluardo del progetto europeista (Cdu-Csu primi in Germania al 28,7% anche se perdono oltre 7 punti rispetto al 2014). Ma il suo aspirante successore Emmanuel Macron perde in casa con il 22,4% la sfida simbolica con la rivale dell'ultradestra (la terza in due anni, dopo le presidenziali), segno che l'era macroniana pro-Ue non ha spento il fuoco sovranista in Francia, alimentato dalla crisi dei gilet gialli, incapaci di capitalizzare in queste Europee. La leader del Rassemblement National fa lo sgambetto al presidente e il suo partito si conferma primo in Francia (23,5%) come cinque anni fa quando sulle schede si chiamava ancora Front National. Un copione che si ripete, confermando le previsioni della vigilia, anche nel Regno Unito, dove a distanza di tre anni dal referendum per il divorzio dalla Ue, Nigel Farage è ancora primo, con il solito argomento sintetizzato dal nome del nuovo partito, il Brexit Party, che supera con il 31,6% la somma di Laburisti (14,1%) e Conservatori (9,1%). I Tory al governo segnano la loro débâcle, in quinta posizione, mentre i LibDem, secondo partito (20,3%), scalzano il Labour come baluardo pro-Ue. I Verdi sono quarti al 12,1%, portando la somma dei partiti europeisti oltre il 46%.

Merkel difende la bandiera dei Popolari, in compagnia dell'austriaco Sebastian Kurz, di Irlanda, Grecia, Finlandia, Croazia, ma il Ppe arretra (179 seggi, -38 rispetto al 2015) e dovrà gestire l'ingombrante presenza dell'ungherese Viktor Orban, che vola al 52% nonostante le misure illiberali che lo allontanano dai valori del Ppe, da cui non a caso il partito del primo ministro, Fidesz, è stato sospeso. Netta conferma anche dei Conservatori di Diritto e Giustizia (Pis), in Polonia, dove il partito di governo supera il 42%. Le due grandi famiglie che hanno retto finora la Ue, Popolari e Socialdemocratici, perdono la maggioranza assoluta (376 seggi su un totale di 751) per la prima volta dal 1979, arretrano rispettivamente di circa 37 e 34 deputati e se vogliono tornare a governare e a orientare le nomine della nuova Europa avranno bisogno della stampella dei Liberaldemocratici, che uniti al partito di Macron nel gruppo Alde avanzano di 37 seggi, a quota 105.

Se i sovranisti festeggiano con Le Pen, Salvini e Farage, hanno invece vita dura in Danimarca, dove gli euroscettici del Partito del Popolo subiscono un crollo (vincono i socialdemocratici), ma anche in Finlandia, dove i Veri Finlandesi alleati di Salvini sono stabili al 13% (vincono i conservatori del Kok con il 20,8%) e in Olanda dove l'ultradestra anti-immigrati di Geert Wilders non entra nel nuovo Europarlamento (3,5%), mentre l'avanzata laburista frena anche l'ascesa del partito nazional-populista di Thierry Baudet, Forum per la Democrazia, terzo all'11%. Battuta d'arresto anche nell'Austria del dopo-Ibizagate, lo scandalo che porterà il Paese a elezioni anticipate a settembre, dopo l'uscita dell'estrema destra dal governo di Sebastian Kurz. Il partito di centrodestra Övp del premier più giovane del mondo sfiora il 35% e guadagna 8 punti, lasciando ferma e stabile al terzo posto l'ultradestra Fpö dell'ex vicencacelliere Strache. Ultradestra che non fa boom nemmeno in Germania, dove l'AfD cresce solo dal 7,4% al 10,5%.

Il rafforzamento dei socialisti in Portogallo (33,7%) e in Spagna (32,8%, con i Popolari al 20%), a distanza di un mese dalle elezioni politiche, potrebbe aiutare Frans Timmermans, attuale vicepresidente della Commissione, olandese, nella corsa per la presidenza del dopo-Juncker. Entrerà per la prima volta a Bruxelles il partito Vox di estrema destra, che non raggiunge i risultati delle legislative spagnole (13%) e si ferma al 6,2%.

L'ecologismo diventa contraltare all'indentitarismo in Germania, dove i Verdi sono secondo partito (oltre il 20%) e i socialdemocratici segnano un tonfo storico. Qui come in altri Paesi, i tradizionali voti a sinistra sono finiti ai partiti sensibili al cambiamento climatico (69 seggi, ne guadagnano 17). L'onda verde investe la Francia, dove i Verdi sono terzi al 12,6%, ma anche l'Irlanda, dove i partiti europeisti non lasciano spazio ai nazionalismi, con il Fine Gael del premier Leo Varadkar al 29%, il Fianna Fail (Alde) al 15%, ma aprono alle preoccupazioni sul surriscaldamento globale (15%). Svolta in Grecia, dove a causa del sorpasso del centrodestra su Syriza, il premier Alexis Tsipras convoca elezioni anticipate per giugno.

La Troika gli ha imposto una politica che ora i greci rigettano.

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