Quel che è successo nella Roma di Virginia Raggi succede nell'Italia di Luigi Di Maio. Lo spopolamento di aziende e la fuga di capitali si ripete più in grande a livello nazionale come effetto della medesima ricetta grillina per la decrescita felice. Dopo Whirlpool, Ilva (ma sono più di un centinaio le crisi aziendali in corso) e le fughe dall'Italia di colossi come Fujitsu, anche Ikea molla gli ormeggi e rinuncia ad un investimento milionario, per merito del M5s. Il motivo principale, anche se l'azienda non vuole commentare, sarebbe la minaccia della chiusura obbligatoria domenicale, un cavallo di battaglia di Di Maio, il ministro «sfollaimprese». Un quadro troppo incerto per aprire due nuovi megastore da 35-50mila metri quadri, uno a Verona l'altro ad Arese (Milano).
La conferma del passo indietro è arrivata da Marco Brunelli, numero uno di Finiper, gruppo coinvolto nel progetto di Arese. «Abbiamo dovuto restituire a Ikea i soldi che avevamo già pagato per una parte del terreno» racconta Brunelli al Sole24Ore, «sono riusciti a far scappare anche gli olandesi che hanno detto che in Italia non ci metteranno più piede». Il riferimento è alla società olandese specializzata in neve artificiale e macchinari per il freddo che doveva contribuire a costruire lo Skydome, un edificio con all'interno tre piste da sci, un albergo a 4 stelle, un ristorante e negozi specializzati in sport invernali, struttura da 300milioni di investimento che doveva sorgere appunto accanto alla Ikea di Arese. Tutto andato in fumo, la ragione secondo il patron di Finper sta nell'incertezza prodotta dall'annuncio dei Cinque stelle di voler approvare una legge per chiudere gli esercizi commerciali di domenica.
Una minaccia mortale per chi vuole investire in questo settore, ma che il M5s vuole rilanciare e anzi rendere ancora più stringente rispetto alla formulazione raggiunta nei mesi scorsi come mediazione tra gli alleati di governo M5s e Lega, che era contraria alla chiusura totale.
A guidare la battaglia per le serrande abbassate, come nuova relatrice del disegno di legge, c'è la deputata Rachele Silvestri, di mestiere commessa ad un «Penny Market» di Ascoli Piceno. «So cosa significa lavorare nei giorni festivi. Questa legge va fatta al più presto. Per noi il punto di riferimento è il disegno di legge presentato da Davide Crippa (deputato ed ex sottosegretario M5s, ndr) che introduce chiusure totali la domenica, ma con diverse deroghe, a partire dalle città turistiche, e con un sistema di turnazione che prevede per ogni Comune l'apertura di non oltre il 25% dei negozi per ciascun settore merceologico, nei giorni festivi e nelle domeniche. È un tema a cui teniamo e su cui abbiamo fatto tante battaglie dopo tutto il tempo trascorso vogliamo cercare di portare a casa un risultato». Cinquantadue settimane, il M5s sostiene dunque la chiusura totale dei negozi la domenica. Una bomba atomica per un intero settore (il 40% del fatturato dei centro commerciali si realizza nel weekend, un italiano su tre frequenta i centri commerciali di domenica), rinviata durante la maggioranza gialloverde ma su cui ora il M5s torna alla carica.
Ma anche in altri settori si registrano i danni. La plastic tax sta terremotando aziende come la trentina Idropejo (90 milioni di bottiglie d'acqua), il cui ad Samuele Pontisso dice: «La tassa peserebbe per 1,2 milioni di euro sui nostri conti. Tradotto, ci annienterebbe».
In agitazione anche il settore della distribuzione automatica, in cui l'Italia è leader internazionale, con 3mila aziende, 33 mila lavoratori e 4 miliardi di euro di fatturato. Sarebbero colpiti dalla plastic tax ma anche dalla sugar tax, altra imposta che ha messo in allarme tutto il settore delle bevande dolci. A rischio, anche qui, aziende e posti di lavoro.
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