Adesso Di Maio minaccia Siri: "Ti accompagniamo alla porta"

Il vicepremier grillino passa all'attacco: "Siri deve lasciare". Ma Salvini frena: "Confidiamo nella giustizia". È scontro

Adesso Di Maio minaccia Siri: "Ti accompagniamo alla porta"

Il caso di Armando Siri agita (e non poco) le acque nel governo gialloverde. Se da una parte il ministro Matteo Salvini difende il sottosegretario del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dall'altra il collega Luigi Di Maio non perde occasione per rincarare la dose. Nel mezzo c'è il premier Giuseppe Conte che dice di voler parlare a quattrocchi con Siri e nel mentre cerca di tenere a bada i due vicepremier.

Ma ora, il clima si fa ancora più bollente. Luigi Di Maio, infatti, dice di voler accompagnare alla porta Siri. "Il mio obiettivo è molto chiaro come capo politico del MoVimento e come vicepremier di un governo che si definisce del cambiamento. Un governo del cambiamento mette in panchina una persona come Siri perché è sotto indagine per reati molto gravi. Mi aspetto da una Lega che dice di non c'entrare niente con corruzione e mafia, e giustamente io ci credo, di mettere in panchina Siri che continuerà a guadagnare 13mila euro al mese come senatore ma non può stare nel governo", dice Di Maio rispondendo a Taranto a una domanda sul caso Siri.

E se questo non fosse sufficiente, il grillino rincara la dose: "Sulla legalità passi indietro non ne faremo mai. Se qualcuno crede che il Movimento 5 Stelle possa diventare come tutti gli altri partiti si sbaglia. C'è una gran bella differenza tra garantismo e, diciamola così, paraculismo. Per noi se una persona viene arrestata o indagata per corruzione deve lasciare. Se non lascia, lo accompagniamo noi fuori dalla porta. Senza aspettare i magistrati. E c'è un motivo di tutto questo, non è che ci comportiamo così perché ci piace farlo. Ci comportiamo così perché i soldi delle tasse dei cittadini devono essere gestiti da soggetti al di sopra di ogni più piccolo sospetto".

Per Di Maio, quindi, Siri se ne deve andare. Dove? Fuori dalla porta. Mentre Matteo Salvini frena il collega e dice di voler aspettare il giudizio della magistraura: "Confidiamo nella giustizia. Spero che Siri possa essere ascoltato dai magistrati il prima possibile perché lo ha chiesto". Il leader del Carroccio è chiaro e a differenza dell'alleato di governo non cade nelle provocazioni e non vuole parlare di crisi di governo: "No, non c'è crisi nel governo. Io bado ai fatti. L'operazione spiagge sicure, scuole sicure, l'autonomia, la questione dell'immigrazione, il dossier Mafia, Camorra, Ndrangheta e Beni confiscati… Ho tante di quelle cose da fare che, quattro anni, sono anche pochi per farle tutte".

Ma alla fine dei giochi, chi dovrà

decidere il destino di Armando Siri è soltanto Giuseppe Conte. Anche se Salvini ci tiene a precisare che con il premier non è cambiato nulla dopo il Cdm di fuoco di ieri sera. E con Di Maio? "Non l'ho sentito", chiude Salvini.

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