Le chiamano «le allarmiste». Sono un gruppo di deputate che, a giudizio dei vertici M5s, avanzano troppe obiezioni sui provvedimenti concordati con la Lega e non troppo in linea con i valori originari del Movimento. E ora sono loro in cima alla lista delle «monitorate», come ha detto ieri il capogruppo grillino alla Camera Francesco D'Uva in un'intervista al Corriere della Sera: «Noi abbiamo un monitoraggio di eventuali comportamenti scorretti e se alcuni parlamentari mostrano una continua insofferenza bisogna attuare le sanzioni previste dallo statuto, richiamo, sospensione, espulsione». A decidere, ha spiegato D'Uva, saranno i probiviri «e il Movimento centrale», espressione un po' da soviet che rivela il clima pessimo che si respira tra i grillini.
Ci sono le «truppe» sempre più agitate per la gestione verticistica e c'è il «Movimento centrale» che le guarda con sospetto. Anzi con paranoia, come dice qualche esponente della minoranza riottosa.
Venerdì scorso c'è stata una riunione per cercare di calmare le acque ed è emerso chiaramente che Luigi Di Maio si sente sotto assedio e ha chiesto ai capigruppo di passare alla linea dura per difendere la sua posizione. Se l'assalto di Alessandro Di Battista è stato rintuzzato e il «Che» grillino ha ripiegato su una posizione più collaborativa (c'è chi dice in cambio di una carica che lo rimetta in pista, chi pensa che semplicemente abbia deciso di aspettare tempi migliori), ora i sospetti si rivolgono verso altri. In primis Roberto Fico, che il 19 giugno ha mandato una dura lettera al premier Conte per protestare contro la gestione della decretazione che non lascia spazio al dibattito parlamentare. Dopo quel messaggio, Di Maio e i suoi guardano con sospetto ogni suo movimento, inclusi i buoni rapporti con il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, visto come potenziale alleato di Fico in caso di scissione del M5s. Il presidente della Camera in realtà si muove con prudenza e a breve è escluso che cerchi lo strappo.
Ma nel mirino c'è un altro nome, per certi versi ancor più clamoroso. Di Maio avrebbe mal digerito l'intervista al Fatto Quotidiano in cui Max Bugani difendeva Alessandro Di Battista, giustificando le critiche alla gestione del M5s contenute nel suo libro Politicamente scorretto. Essendo Bugani vicino a Casaleggio (è uno dei soci dell'Associazione Rousseau), c'è chi ha letto nell'inattesa uscita un fendente a Di Maio voluto dal potente erede del guru Gianroberto Casaleggio. Di Maio sarebbe così infastidito da ipotizzare di cacciare Bugani dalla sua segreteria a Palazzo Chigi.
In settimana dovrebbero intanto arrivare gli annunciati provvedimenti per tacitare i parlamentari ribelli. D'Uva cita la senatrice Elena Fattori, ma difficile che venga espulsa, perché senza di lei al Senato il governo avrebbe due soli voti di maggioranza, anche se il caos Rosatellum potrebbe regalare un seggio in più al M5s a 16 mesi dal voto. Alla Camera invece nel mirino ci sarebbero le famose «allarmiste» che contestano soprattutto la linea sull'immigrazione ma anche l'opaca gestione dei contributi chiesti ai parlamentari. Tra i nomi che girano quelli di Doriana Sarli, che ha difeso la ormai ex M5s Paola Nugnes, Gloria Vizzini e Veronica Giannone.
Che al Giornale dice: «L'idea di essere monitorata la tolleravo con difficoltà dai miei genitori quando ero a scuola. Ma che a farlo ora siano miei pari lo trovo del tutto inaccettabile, anche perché la mia sola colpa sarebbe quella di usare la coscienza».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.