Di Maio sobilla la piazza: "Rischi per la democrazia"

Il M5s vuole andare al governo e il suo leader minaccia: «Se restassimo fuori possibili azioni non democratiche»

Di Maio sobilla la piazza: "Rischi per la democrazia"

Luigi Di Maio fa un passo indietro. Sì, ma per prendere la rincorsa ed accerchiare il Quirinale. Se non si riesce a fare un governo politico l'unica via d'uscita per salvare il Paese è il voto subito prima della pausa estiva perché M5S non voterà mai la fiducia ad uno governo del presidente. Non solo. Se restassero fuori da Palazzo Chigi i Cinquestelle verrebbero «messi nelle condizioni di dire che le istituzioni escludono il volere del popolo». E le conseguenze non sarebbero calcolabili visto che a quel punto ci sarebbe «un rischio per la democrazia rappresentativa». Nessuna minaccia, assicura Di Maio ma «il rischio di azioni non democratiche può esserci».

Il giorno prima di quello che dovrebbe essere l'ultimo giro di consultazioni Di Maio va in tv, ospite di Lucia Annunziata su Raitre, per fare due parti in commedia: allo stesso tempo interpreta il ruolo del poliziotto buono e di quello cattivo. Prima si mostra magnanimo, pronto a mettersi in secondo piano per il bene del Paese. «Se il problema è Luigi Di Maio premier, le persone devono sapere che quell'impuntatura non c'è - dice - Se è per il bene delle persone, io faccio un passo indietro».

La verità è che a Di Maio sta franando il terreno sotto i piedi mentre vede dileguarsi all'orizzonte l'unica chance che ha di diventare presidente del Consiglio. I sondaggi e soprattutto i risultati delle ultime elezioni amministrative segnalano la progressiva disaffezione degli elettori pentastellati. Il Movimento è in crisi al punto che Beppe Grillo è tornato a dare una zampata demagogica invocando il referendum antieuro per ridare fiato ai suoi che arrancano. Dunque prima Di Maio mostra il volto conciliante. Per non caricare sul Movimento la responsabilità dello stallo e il fallimento di qualsiasi prospettiva di formare un esecutivo invoca di nuovo l'alleanza con la Lega che, ribadisce di Maio, è l'unica possibilità per fare un governo politico, ribadendo però il niet a Silvio Berlusconi. «Io faccio un passo indietro, Salvini fa un passo indietro, ma c'è un'altra persona che deve farlo - insiste - Quando Berlusconi ha cominciato la sua esperienza politica, io facevo il primo anno di liceo. Nella Terza Repubblica i cittadini fanno un passo avanti e i politici fanno un passo indietro». Dunque si dovrebbe individuare «una personalità che possa rappresentare le due forze» fermo restando il no a Berlusconi. Ma Di Maio dice no pure ad un governo tecnico o del presidente.

«Io non mi metterei contro, ma il Quirinale sa dal primo giorno che noi non saremmo stati disponibili a governi terzi, tecnici o del presidente perché non hanno una connessione con la società - prosegue- È un grande problema del Paese mettere delle persone che non sono passate attraverso le urne». Insomma un governo del presidente non avrebbe i numeri perché i grillini non lo voterebbero mai. E neppure la Lega. Niente fiducia insomma. I Cinque stelle riconoscono il ruolo di garanzia del presidente della Repubblica Sergio Mattarella ma «se non è possibile fare un governo politico si deve tornare al voto».

Ed è a questo punto che l'affabile Luigi cambia registro mettendo sul tavolo i milioni di voti incassati ed il messaggio è chiaramente rivolto al leader del Carroccio ma pure al Quirinale. «È il rischio del fallimento della democrazia rappresentativa se tutti rispondono picche e non si riesce a fare un governo - avverte Di Maio - C'è il rischio di una deriva non democratica: si arriva al momento in cui non si va più a votare e aumenta l'astensione. Hanno votato in 11 milioni e l'unica risposta è stata il due di picche».

Alla fine Di Maio concede uno

spiraglio per una soluzione solo temporanea ma che resta nei binari della democrazia. In attesa del voto, dice, c'è un governo in carica per gli affari correnti che può «affrontare le emergenze e scongiurare l'aumento dell'Iva».

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