Se è vero che è «impossibile provare a mettere ordine nel disordine del M5s», come ci dice un esperto parlamentare grillino, allora ad aumentare il caos mancava soltanto l'attivismo dell'ex capo politico Luigi Di Maio. Un incontro con Mario Draghi il 24 giugno, un altro con Gianni Letta qualche giorno dopo. Il primo è stato fatto filtrare dallo staff del ministro degli Esteri, il secondo è stato riportato da un retroscena de La Stampa. La circostanza della diffusione della notizia, tardiva, del vertice con l'ex capo della Bce ha scatenato nel Movimento la solita sarabanda di paranoie, dietrologie e semplici pettegolezzi da bar. In un'intervista al Foglio Di Maio ha parlato di «incontro cordiale e proficuo», sottolineando: «Draghi mi ha fatto un'ottima impressione». Poi l'aneddoto sulla cancelliera tedesca Angela Merkel: «La Merkel durante la conferenza di Berlino si è avvicinata e mi ha detto Io ho sentito parlare bene di lei Di Maio. Mi parlano bene del suo lavoro» si è pavoneggiato nel colloquio con il quotidiano. Il tutto in una sfida continua con Giuseppe Conte. E già, il problema di Di Maio sarebbe il presidente del Consiglio più che il Pd. In una guerra di logoramento tra i due che potrebbe vedere la sua resa dei conti nel prossimo autunno. E qui gli scenari sono due, nel caso l'ex avvocato del popolo non avesse più la maggioranza sufficiente per andare avanti. Un ipotetico governissimo da cui il ministro degli Esteri non vorrebbe tirarsi fuori. Lo ripete da mesi ai fedelissimi che «ci dovremmo essere anche noi». In questo modo l'ex leader si libererebbe di un competitor interno fortissimo come Conte, spianando la strada a un direttorio, o meglio una «task force», a capo dei Cinque Stelle.
E poi c'è l'altro scenario. Che vedrebbe un disarcionamento del premier, mantenendo la stessa maggioranza con il Pd. Qui la strategia di Di Maio è più raffinata e punta all'obiettivo, difficile al momento, di sedersi sulla poltrona di Palazzo Chigi. O in alternativa di piazzare alla presidenza del Consiglio un uomo del M5s gradito ai dem come il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli o la ministra della Pa Fabiana Dadone. Il Giornale l'8 giugno parlava della volontà di Di Maio di una successione grillina a Conte. Ma ora il mazzo dell'uomo di Pomigliano si è arricchito di una carta in più. Con Beppe Grillo che spinge sempre di più per un'alleanza strutturale con il Pd, Di Maio potrebbe dare il suo via libera alla stabilità della coalizione di governo anche sui territori, a partire però dalle amministrative del 2021, in cambio della premiership per lui o per uno dei suoi. L'obiettivo, dunque, è il premier. E Il Fatto Quotidiano ha scelto con chi stare.
Ieri il giornale filo-grillino ha pubblicato un pezzo in cui si accusava Di Maio di tramare per un governissimo con l'«odiato» Berlusconi. Un messaggio a lettori ed elettori Cinque Stelle: l'uomo su cui puntare è Conte. Come certificato anche da un sondaggio di gradimento tra i votanti M5s che lo ha incoronato già leader. Nonostante Di Maio.
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