La malinconia del fronte repubblicano: i tradizionalisti del partito sono senza guida

Trump ha fatto terra bruciata. E i possibili avversari interni rimangono defilati

John McCain
John McCain

La sconfitta patita per mano di Donald Trump alle primarie per le presidenziali del 2016 è stata a tal punto umiliante che quando si parla di possibili eredi per il ruolo che è stato di John McCain - quello di portabandiera dell'ala tradizionale, conservatrice e convintamente atlantista del partito repubblicano - si fatica a rintracciare personaggi all'altezza. Una tribù allo sbando, troppo lontana dal sentimento oggi prevalente tra i conservatori americani per far sentire la propria voce con la convinzione e la coerenza che di McCain erano la caratteristica primaria.

Eccoli lì gli sfidanti dell'arrogante miliardario outsider, che ha scalato prima il partito e poi la Casa Bianca: chi definitivamente nella polvere dell'arena politica, chi addomesticato dal Grande Domatore e ridotto a piatire le briciole da lui elargite, chi persuaso a tenere - in attesa di tempi migliori - un profilo il più basso possibile. Alla prima categoria appartiene certamente, oltre al fantasma di Mitt Romney, quel Jeb Bush che l'establishment del partito aveva generosamente sostenuto nella convinzione di una immancabile vittoria: umiliato da percentuali di consenso a una cifra a fronte di spese colossali, l'ex governatore della Florida fece un doveroso passo indietro senza più dare di sé notizia politica alcuna. Alla seconda appartiene Chris Christie, che dopo aver subito una severa batosta nelle primarie a cui aveva partecipato da centrista, tentò miseramente di salire sul carro del vincitore, che giustamente gli negò le alte cariche a cui insisteva nell'aspirare.

La terza categoria vede iscritti gli ultimi sfidanti di Trump a cedere le armi due anni fa. Sia Ted Cruz sia Marco Rubio sono abbastanza giovani da poter attendere sulla riva del fiume il passaggio dell'ingombrante cadavere del loro rivale. Lo fanno tenendo le posizioni locali: Cruz conta di mantenere il suo seggio di senatore per il Texas alle elezioni di medio termine, Rubio mantiene quello conquistato per la Florida due anni fa. Parlano poco di grande politica e aspettano, sanno che non è questo il loro momento, se mai verrà.

Insomma, è difficile intravedere un erede per il posto di John McCain, battitore libero e uomo di rara coerenza che nulla aveva da perdere cantando chiaro in faccia a Donald Trump tutto il male che pensava di lui. Oggi, in un partito conquistato da un outsider arrivato con la forza di un uragano e che ha saputo attrarre a sé le simpatie di gran parte dell'opinione pubblica che vota repubblicano, è difficile incarnare quel ruolo. Ci vuole coraggio e, appunto, coerenza.

Si ha invece la sensazione che un'epoca sia finita, e che chi un giorno - via impeachment del presidente, e potrebbe essere il caso del suo prudentissimo vice Mike Pence, o per altre strade - prenderà in pugno il Grand Old Party faticherà a scrollarsi di dosso l'eredità del tycoon newyorkese.

RFab

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