Da quella sera di marzo la sua vita è cambiata, forse per sempre. Un lavoro da manager a Milano. Tante passioni comuni a molti giovani: dallo sport ai viaggi. Fiducia negli altri. Tutto da ricostruire. «Come sto? Sono distrutta, in un modo che potete solo lontanamente immaginare», dice con la voce spezzata, a disagio, la manager 31enne vittima della violenza sessuale di gruppo in un noto locale del Naviglio Pavese di Milano.
La donna lavora in una impresa nell'hinterland di Milano, ma è originaria di un'altra città fuori dalla Lombardia. Si è svegliata una mattina con i ricordi confusi, i vestiti della sera prima ancora addosso, un forte dolore alle parti intime. Si è rivolta al centro antiviolenza della Mangiagalli e ha denunciato. Ma di questo oggi non parla più. «Lasciatemi stare, non posso dire nulla». In questi sette mesi ha già risposto a molte domande, prima dei carabinieri, poi della pm Alessia Menegazzo che ha condotto l'inchiesta con l'aggiunta Letizia Mannella. Una versione che è stata ricostruita e confermata nel dettaglio, nell'informativa dei carabinieri della compagnia Monforte e del nucleo investigativo guidato da Antonio Coppola. Si è arrivati ora alla richiesta di processo - già sul tavolo del gip milanese Fabrizio Filice, che dovrà fissare l'udienza preliminare - per i tre indagati. Cioè i due titolari del locale, F.M. e D.M., entrambi 27enni, e un amico dei due, I.F., più giovane con i suoi 23 anni. Nell'indagine per violenza sessuale di gruppo, investigatori e inquirenti non hanno dubbi rispetto a quanto è accaduto. Parlano chiaro i filmati, esterni e interni al disco bar, ripresi dalla telecamere di sorveglianza del locale.
Tutti i frame sono stati acquisiti e allegati nella relazione dei carabinieri: mostrano i tre che parlano all'interno del locale, mentre fuori c'è il corteo degli anarchici per Dax. Parlano chiaro le immagini dei telefonini degli indagati, che riprendono il rapporto sessuale, avvenuto nello scantinato del locale. In questi video la 31enne non appare tramortita come negli altri casi di vittime di droga dello stupro, e infatti in seguito alle analisi non sono state trovate tracce di benzodiazepine nel sangue. Ma nelle altre immagini, interne così come in quelle esterne al locale, si vede chiaramente che non è lucida e molto alterata dai 36 shot di alcol bevuti. E questo è in sé condizione necessaria per esprimere il consenso. Nell'indagine viene per altro contestato il furto: i due titolari, dopo il rapporto, avrebbero anche utilizzato la sua carta di credito (senza consenso) per pagarsi da soli il conto: alcuni shot e qualche stuzzichino.
Finirà in un altro filone di indagine invece la presunta diffusione del video dello stupro, che sarebbe stato postato su internet da uno degli indagati. Ieri sera intanto il popolare locale è rimasto chiuso. Ai microfoni del Tg3 uno degli indagati ha risposto in merito all'indagine tagliando corto: «Dirò tutto a tempo debito».
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