Così i grillini archiviano la (presunta) superiorità

L'inchiesta romana è un boomerang sul M5s: adesso la Raggi governi oppure si dimetta

Così i grillini archiviano la (presunta) superiorità

Boom. Alla fine il famoso botto si è sentito, come Grillo aveva - anni or sono - minacciosamente annunciato. Ma si tratta di un altro botto. Non quello elettorale. È crollata definitivamente al suolo la presunta superiorità morale dei grillini. Le stelle sono cadute. È la notte di San Lorenzo del giacobinismo a Cinque Stelle.

L'iscrizione del sindaco di Roma Virginia Raggi nel registro degli indagati (è indagata per falso e abuso d'ufficio nell'ambito della nomina del fratello di Raffaele Marra, ex capo del personale del Campidoglio, poi arrestato) polverizza la verginità giudiziaria dei Cinque Stelle. Insomma: la prima cittadina della Capitale, di stretta osservanza grillina e dunque ayatollah del giustizialismo, avrebbe assunto il fratello del suo chiacchieratissimo braccio destro. Ovviamente è tutto da verificare. Ma nel colorito vocabolario pentastellato tutto sarebbe già stato metodicamente etichettato: familismo, nepotismo, abuso di potere. Diciamolo: casta. E se ci mettessimo gli occhiali del grillismo e squadrassimo dall'alto al basso la bella sindaca, dovremmo - come minimo - chiedere le sue immediate dimissioni. Seguendo alla lettera l'ottusa e rigida disciplina del Movimento 5 Stelle. Per dire: Gianroberto Casaleggio, nel suo ultimo libro testamento - spennellava un mondo ideale nel quale i dipendenti infedeli della pubblica amministrazione venivano «esposti in apposite gabbie sulle circonvallazioni delle città».

E invece no. Questa volta no. I Cinque Stelle si sono accorti che il loro fondamentalismo manettaro è un boomerang che gli sta tornando dritto dritto sulla fronte. Ma il grillismo è un camaleonte che si adatta a ogni esigenza e quando il vento della giustizia gira a sua sfavore, impegna un attimo ad assumere le nuance del giustizialismo. Ben vengano, buon ultimi, dalle parti del dubbio. Se non fosse l'ennesima buffonata. Una commedia degli equivoci nella quale tutti fingono di non sapere. La Raggi si finge stupita della convocazione in procura, quando oramai era chiaro a tutti dove sarebbero andati a parare i giudici. Pure Grillo fa il pesce in barile. Anche se proprio lui, con un anticipo da indovino, si era già affrettato a fare una conversione a U da ritiro immediato della patente di circolazione politica, sostenendo che non è necessario dimettersi di fronte a un avviso di garanzia.

Ma l'effetto domino di questa commedia degli equivoci è travolgente e scivola in metamorfosi esilaranti. L'ex premier Matteo Renzi, che non aspettava altro che poter inforchettare i grillini - intima ai suoi di essere garantisti e di non infierire sulla Caporetto giudiziaria dei seguaci del comico. Mai nella storia politica recente era stato sguainato tante volte lo scudo del garantismo e della - sacrosanta! - presunzione di innocenza. Persino Marco Travaglio, nel tentativo di rimanere in equilibrio tra giustizialismo e filo grillismo, si mette a parlare a denti stretti di presunzione di innocenza. Probabilmente provocandosi un eczema.

Insomma la Raggi, per il momento, come sindaco non ha

fatto un bel niente. Ma come politico ha già fatto un miracolo: trasformare grillini e soci in garantisti. Ora c'è da sperare che non dimentichi la lezione. E che magari inizi a governare la Capitale. Giudici nonostante.

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