L'Ucraina si tinge di verde (questo vuol dire il cognome del nuovo presidente ed ex attore comico Volodymyr Zelensky), e dovrebbe essere un verde speranza: la speranza di archiviare una stagione di corruzione imperante e di delusioni distribuite a mani quasi basse dal capo dello Stato uscente. Zelensky ha stravinto il ballottaggio di domenica con il 73 per cento dei voti perché in cinque anni di mandato Petro Poroshenko non ha saputo risollevare l'economia (con 2.964 dollari di reddito annuo pro capite l'Ucraina è il Paese più povero d'Europa, peggio della Moldavia e della Bielorussia che la precedono in questa deprimente classifica), superare il sistema oligarchico che come nella vicina Russia è causa di profonde disuguaglianze sociali, e soprattutto ottenere risultati sul fronte negoziale e militare con la Russia, che si è annessa unilateralmente la Crimea e ha fatto instaurare dai suoi ben armati proconsoli nel Donbass ucraino, due repubblichette filo-Mosca.
L'elettorato ucraino ha dunque fatto questa sua scelta a larghissima maggioranza, in elezioni perfettamente libere a differenza di quelle russe e di altri Paesi ex sovietici, votando essenzialmente in negativo: basta corruzione, basta miseria, basta giovani soldati uccisi al fronte orientale in cambio di niente e quindi basta Poroshenko. Dall'altra parte però l'alternativa era un buffo attore senza alcuna esperienza politica che prometteva di fare esattamente come il suo improbabile personaggio televisivo: piazza pulita dell'establishment, senza ben sapere come. Agli elettori ucraini esasperati questo dettaglio è parso secondario, e ora nonostante Zelensky faccia il comico di mestiere (o meglio, proprio per questo) c'è davvero poco da ridere. Solo adesso, forse, molti si ricorderanno di aver affidato il proprio Paese a un tizio che sembrano aver confuso con il suo alter ego e che nella sua impreparazione totale ha dichiarato tutto e il contrario di tutto: ad esempio promettendo di farsi garante e attuatore della volontà degli ucraini di andare verso l'Europa, ma anche prendendosela con toni aggressivi e populistici con «le élite europeiste» e le loro pretese di veder attuate in Ucraina dolorose riforme; oppure definendo senza mezzi termini Vladimir Putin «un nemico», ma al tempo stesso dicendosi «pronto per il bene dell'Ucraina a fare qualsiasi cosa, anche a inginocchiarsi davanti al presidente russo».
L'ammonizione di Poroshenko a temere l'enorme gap di esperienza tra Putin e Zelensky non è stata ascoltata, e subito i fatti sembrano incaricarsi di dargli ragione. Il portavoce del Cremlino ha già commentato la notizia delle presidenziali ucraine ricordando che Putin potrà «considerare di parlare con il signor Zelensky solo di fronte a fatti reali»: neanche a Mosca sanno quali saranno, anche se intanto sono ben lieti di essersi liberati del filo occidentale Poroshenko. Le incertezze abbondano. C'è chi teme che il solo fatto di aver manifestato disponibilità a negoziare con Mosca sul Donbass e di aver promesso il bilinguismo nelle province orientali dimostri che Zelensky sarebbe in realtà una marionetta del Cremlino. Altri fanno notare che la sua pretesa di ripulire l'Ucraina dallo strapotere degli oligarchi (lo stesso Poroshenko, ricco industriale del settore dolciario, è uno di loro) stride con la sua stretta collaborazione personale con il magnate delle telecomunicazioni Igor Kolomoisky, che gli ha messo a disposizione il suo canale tv «1+1» durante la campagna elettorale.
In un Paese dove l'antisemitismo strisciante fa parte di una certa sottocultura, alcuni poi ricordano che Kolomoisky che non vive in Ucraina ma a Tel Aviv è un ebreo, e che lo stesso Zelensky lo sarebbe al pari dell'attuale premier Volodymyr Groysman. Ma almeno questo in Ucraina non fa ancora scandalo.
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