Tra i «tre governi», in questa fase preliminare della sessione di Bilancio, vince quello guidato dal ministro Giovanni Tria. Ieri è stata la giornata terzo vertice di maggioranza sulla legge di Bilancio. In tarda serata a palazzo Chigi, insieme al premier Giuseppe Conte e al responsabile dell'Economia, c'erano i leader di Lega e M5S Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Attorno al tavolo di lavoro della prossima manovra si sono scontrate le linee dei due partiti di maggioranza e quella del dicastero di via XX settembre.
Le prime due caratterizzate da provvedimenti di bandiera. La Lega ha sostenuto le ragioni della riforma fiscale (partite Iva, Ires e contestuale pace fiscale) e delle pensioni, con la modifica radicale della legge Fornero. Il M5S, con il reddito di cittadinanza, a partire dall'innalzamento delle pensioni minime sulla soglia che i pentastellati hanno scelto come linea di trincea: 780 euro al mese. Un programma che vale nel complesso quasi 20 miliardi, senza contare le spese obbligate che la prossima legge di Bilancio ha ereditato, circa 15 miliardi tra aumenti Iva da evitare e altri impegni.
«Bello e proficuo lavoro, per far crescere l'economia italiana (senza regali alla Renzi) rispettando gli impegni presi con tutti, a partire da quelli con gli italiani, su tasse, pensioni, reddito di cittadinanza e maggiori posti di lavoro», ha commentato Salvini uscendo prima del termine dell'incontro.
Ma la manovra sfiora i 40 miliardi. Cifra che Tria è disposto a coprire solo a metà. In parte con la flessibilità concessa dalla Commissione europea e in parte con tagli alle spese che potrebbero arrivare a 5 miliardi. Tutto il resto è da trovare, ad esempio con interventi che rimodulano le risorse di alcuni istituti a sostegno della povertà e sulla previdenza. Tra le ipotesi emerse negli ultimi giorni, anche aumenti delle imposte concentrati su alcuni settori della finanza e dell'industria. O la rinuncia a disinnescare gli aumenti dell'Iva del 2019. Punto fermo, il livello del deficit che per il ministro Tria non dovrà superare l'1,6% del Pil.
Il clima teso tra i due partiti ha condizionato il vertice. In particolare il M5s ha puntato i piedi sulla pace fiscale. L'obiettivo deve essere quello di «aiutare le fasce più deboli della popolazione, non premiare chi si è portato i soldi all'estero e vuole farli rientrare», ha detto il vicepremier pentastellato prima del vertice. La Lega negli ultimi giorni aveva alzato l'asticella, portando il limite della cifra condonabile a un milione di euro.
Il problema, oltre alla contabilità della legge di Bilancio, è la risposta dei mercati alle scelte del governo italiano. A ricordarlo ieri è stato l'azzurro Renato Brunetta che ha esortato il governo a fornire stime attendibili in vista del Def e poi ha invitato il ministero dell'Economia a «ridurre la durata media dei titoli di Stato nelle prossime aste e fare molta attenzione alle dichiarazioni che rilascerà nei prossimi giorni sulla propria politica economica». La riduzione delle scadenze delle aste servirebbe a non legare il Tesoro al pagamento di titoli emessi in un periodo particolarmente sfavorevole.
«Più le scadenze sono lunghe, più gli interessi sul debito che i cittadini devono pagare sono elevati».Il governo è costretto a fare i conti con il rischio che in Italia torni la recessione. Ieri un altro indicatore negativo: l'export dell'Italia verso l'estero è calato de, 2,6% in luglio.
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