Non ci sono solo la disoccupazione in aumento, la crescita negativa del Pil nell'ultimo trimestre e l'ombra della recessione. Il 2019 con la manovra di bilancio così come predisposta dal governo riserverà alle aziende italiane una stangata da 6,2 miliardi di gettito in più: di questi, 4,5 miliardi circa saranno in capo alle imprese e quasi 1,8 miliardi saranno invece a carico di banche e assicurazioni.
Lo sostiene un'elaborazione dell'ufficio studi della Cgia di Mestre, che ha misurato gli effetti fiscali sulle aziende che deriveranno da ogni singolo articolo della legge di Bilancio. Ed ecco che il nuovo anno alle porte rischia di allargare la frattura tra il mondo produttivo e l'esecutivo gialloverde, ormai allo scontro dopo la luna di miele della campagna elettorale. Non tutto provocherà maggiore gettito a carico delle imprese, ma i vantaggi per chi produce si vedranno solo a partire dal 2020, secondo l'analisi, quando il prelievo «si ridurrà a 374 milioni di euro», mentre nel 2021 il sistema delle imprese, delle banche e delle assicurazioni «beneficerà di una diminuzione del prelievo fiscale per 1 miliardo di euro».
«In campagna elettorale - spiega in una nota l'ufficio studi della Cgia - in particolare al Nord, oltre al tema della sicurezza e allo smantellamento della legge Fornero, Lega e 5 stelle hanno riscosso un forte consenso tra gli elettori perché si erano impegnati a tagliare pesantemente le tasse. Ma sul fronte della riduzione delle imposte le aspettative dei piccoli e medi imprenditori, sono state clamorosamente disattese».
Nemmeno la flat tax, una delle bandiere del Carroccio, per ora limitata ai lavoratori autonomi con ricavi inferiori a 65 mila euro all'anno, porterà a vantaggi consistenti: nel 2019 l'alleggerimento fiscale derivante da questa misura sarà di soli 331 milioni di euro. «Un piccolo passo nella giusta direzione che, comunque, rimane ancora del tutto insufficiente»: bisognerà attendere che la misura vada a regime per avere un risparmio di imposta di 1,3 miliardi di euro.
La misura più negativa per le imprese, secondo il rapporto dell'osservatorio, è l'abrogazione dell'Iri (nuova imposta sui redditi delle società di persone con aliquota al 24 per cento) che doveva entrare in vigore l'anno prossimo. La sua mancata introduzione infatti, fa notare la Cgia, «non consentirà alle piccole imprese in contabilità ordinaria di ridurre il carico fiscale per quasi 2 miliardi di euro». Per banche e assicurazioni la stangata in arrivo rischia di ripercuotersi su correntisti e investitori. Il differimento dal 2018 al 2026 della deducibilità della quota di perdite su crediti e svalutazioni degli anni precedenti porterà a un aggravio di gettito di 950 milioni. Inoltre le assicurazioni dovranno versare un acconto dell'imposta maggiore pari a 832 milioni di euro. Alle grandi imprese lo stesso differimento della deducibilità delle quote di ammortamento relative al valore dell'avviamento costerà 1,3 miliardi, e di quello delle riduzioni del valore dei crediti altri 1,2 miliardi.
In questo quadro nel 2019 la pressione fiscale è destinata ad
attestarsi al 41,8 per cento, ma il valore potrebbe salire in caso di crescita del Pil inferiore al valore programmato dalla manovra. Valore già oggetto di critiche e revisioni al ribasso da parte del Fmi e della commissione Ue.
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