Coronavirus

Mantova, focolaio con 97 positivi in fattoria

L'epidemiologo Demicheli scettico: "Lo studio sugli anticorpi? Serve a poco"

Mantova, focolaio con 97 positivi in fattoria

Sono 5 le vittime da coronavirus registrate nelle ultime 24 ore, in calo rispetto a lunedì, quando i morti erano stati 12. Aumentano i nuovi contagi, che si attestano su 190 unità contro i 159 dell'inizio della settimana. In Lombardia si registrano 44 nuovi casi e preoccupa un focolaio di 97 persone positive in un'azienda agricola del mantovano su cui sono in corso le indagini tra i dipendenti. Per il resto nelle ex zone rosse si registrano anche 14 «debolmente positivi», di cui 4 emersi a seguito di test sierologici.

Ed è proprio attorno ai test sierologici che ruota la riflessione degli immunologi e degli epidemiologi in queste ore. L'ultimo studio pubblicato dall'Istat, effettuato su un campione di 64.660 test sierologici, rivela che sono stati trovati anticorpi su 2,5 milioni di italiani, sei volte in più dei positivi. Questo significa che si sono ammalate (e sono guarite senza conseguenze) molte più persone rispetto a quelle calcolate. Tra i contagiati il 27% delle persone non ha manifestato sintomi e, in base ai dati, il 97% non è nemmeno venuta a contatto con i virus. Ne emerge in sostanza un'immagine coerente con la fotografia epidemiologica scattata da febbraio ad oggi. Ma questo non vuol dire che la scienza abbia in mano nuove armi.

«A parte il fatto che l'affidabilità di questo studio è piuttosto scarsa - spiega l'epidemiologo Vittorio Demicheli (nella foto), task force anti Covid della Regione Lombardia - per il campione limitati di casi analizzati, di fatto ci dice quello che già sapevamo. Sappiamo che ci sono gli asintomatici. Non sappiamo però se e come hanno trasmesso il virus ad altre persone. Ci servirebbe sapere come il quadro Covid muterà nel tempo. Solo con informazioni del genere potremo decidere come muoverci nei prossimi mesi per debellare completamente il virus».

Tuttavia sulla contagiosità si sa ancora poco. I virologi stanno rilevando alcune informazioni: ad esempio sanno che la viralità del Covid in Italia è più bassa rispetto a quella dei paesi in cui l'epidemia è arrivata dopo e in cui non sono state messe in atto misure di contenimento, come ad esempio la Romania e la Moldavia. «Si ma non si tratta di ceppi diversi del virus - tiene a precisare Demicheli - Si tratta solo di probabilità. Se non vengono limitati i contatti, è più probabile che il virus passi da un individuo all'altro. In Italia con il lockdown abbiamo ridotto proprio questa probabilità. Tuttavia la scienza sta procedendo per ipotesi. E queste vanno analizzate in laboratorio prima di essere comunicate sui giornali. Altrimenti si crea solo confusione e la gente finisce a non credere più a nessuno: nè a chi ha ragione nè chi ha torto». Secondo Demicheli prudenza e coerenza sono gli ingredienti da mettere in atto per controbilanciare tutto ciò che ancora non sappiamo di questo virus. «Nell'incertezza dobbiamo essere cauti, solo in questo modo potremo convivere con il virus e trovare quel punto di equilibrio tra sicurezza e esigenza di riprendere il lavoro e la vita sociale». E qui sta il ruolo delle istituzioni. Che non devono andare una contro l'altra nè creare confusione nelle decisioni, come accaduto lo scorso week end per i trasporti. «Se lo Stato è prudente e una regione invece è azzardata - spiega De Micheli - allora la gente non crede più a nessuno dei due. Non lasciamo che domini la confusione.

Insomma, le malattie infettive hanno bisogno di coerenza».

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