Marò, l'odissea infinita L'Aja deciderà nel 2018

La corte arbitrale si prende tempi lunghi E per Latorre e Girone l'incubo continua

D iciamolo con franchezza: la fantasia ha ormai superato la realtà. Il caso dei due fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sta assumendo dei contorni grotteschi e potrebbe ispirare un film sulle ingiustizie, sulle violazioni del diritto e dei diritti umani. Sono passati quasi quattro anni da quel maledetto 15 febbraio, quando due pescatori restarono uccisi perché scambiati per pirati dopo che la loro imbarcazione non aveva risposto ai segnali di avvertimento e aveva proseguito la sua rotta verso una nave con personale armato a bordo. Forse la nave era l'italiana Enrica Lexie, con i marò a bordo, o forse era una petroliera greca di simili dimensioni e profilo. Nessuno può confermarlo o smentirlo, le prove presentate dalle autorità indiane fanno acqua da tutte le parti, anzi, al Tribunale internazionale è addirittura emerso che sarebbero state manipolate. Una corte internazionale, quella dell'Aja, che si è comunque presa tempi lunghi per dirimere la questione della giurisdizione, cioè se i due fucilieri debbano essere processati in India o in Italia. L'odissea dei marò, quindi, è destinata a un epilogo lontano e potrà dirsi chiusa, secondo il calendario delle udienze della Corte dell'Aja, solo nell'agosto 2018. Attenzione, conclusa per quanto riguarda la giurisdizione. Dopo quella data, infatti, Latorre e Girone dovranno essere processati in India o in Italia, secondo il verdetto dei giudici arbitrali. E poi ci lamentiamo dei tempi biblici della giustizia italiana. All'Aja se la prendono comunque comoda: la prossima udienza per il caso Latorre e Girone è in agenda per il 16 settembre 2016, quando l'Italia presenterà una sua memoria; poi toccherà all'India, che farà la medesima cosa il 31 marzo 2017. Infine ci sarà la replica italiana il 28 luglio 2017 e la controreplica indiana il 1° dicembre dello stesso anno. Ma non basta. Perché l'India potrà ancora presentare obiezioni che potrebbero allungare i tempi, cui l'Italia avrà diritto di replica il 2 febbraio 2018. A questo punto la Corte dell'Aja avrà sei mesi di tempo per emettere la sentenza, cioè nell'agosto 2018, sempre che i giudici, in accordo con le parti, non prolunghino ancora la farsa concedendo a Roma e New Delhi di presentare ulteriori dichiarazioni. È uno schifo, ammettiamolo. Ma la colpa non è dei giudici dell'Aja e delle regole che dettano i tempi del procedimento. No, la colpa è dei governi italiani che si sono succeduti senza aver avuto mai il coraggio di fare passi decisivi per la liberazione dei due marò. La loro azione non è mai stata né rapida né efficace, anzi. Abbiamo ingoiato rospi indigeribili, dagli sgarbi diplomatici alle interpretazioni arbitrarie del diritto internazionale fino all'umiliante prigionia di due nostri militari. Nessuno ha mai avuto il fegato di alzare la voce, neppure dopo anni di cattività e violazioni delle più elementari norme del diritto. Dopo quattro anni, infatti, i giudici indiani non sono stati in grado di formulare un capo d'accusa nei loro confronti. Sembra incredibile, ma è proprio così: Latorre e Girone non sono mai stati incriminati, eppure stanno scontando già una pena, senza sentenza, senza processo.

E abbiamo avuto pure l'opportunità di farli restare entrambi in Italia, ma una decisione, a dir poco criminale, del premier Mario Monti e dei suoi compari li ha rispediti in India, spingendo i due marò e le loro famiglie ad affrontare anni di sofferenze e privazioni. Questa è stata l'unica e vera condanna per i due soldati: essere abbandonati dal proprio Paese dopo avergli dedicato la vita.

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