Marino fa litigare Renzi e Alfano (ma solo per finta)

Il ministro ascolta le proteste del Vaticano e vuole accelerare la ruspa su Marino Il premier sceglie la strategia del rinvio

RomaUna lepre al Viminale, una tartaruga a Palazzo Chigi. La strategia del governo sul verdetto che dovrà decidere la sorte del Campidoglio (e di Ignazio Marino) si dipana sulla doppia versione declinata dai due protagonisti della vicenda, Angelino Alfano e Matteo Renzi. Il primo, due giorni fa, ha annunciato di essere «tecnicamente pronto» a portare la relazione sull'amministrazione capitolina in Consiglio dei ministri, ma è stato subito gelato dal premier, che ha schiacciato il piede sul freno, rimandando tutto al 27 agosto, giorno di stipendi e di verdetti decisivi per il futuro del chirurgo-sindaco e della città eterna.

Solo a fine mese, dunque, le questioni romane sono all'ordine del giorno di Palazzo Chigi. La relazione di Alfano, ma non solo quella. Sul tavolo anche il decreto sul Giubileo e le misure a margine dell'evento richieste dall'amministrazione comunale. Il tutto, mentre i verbali di Buzzi continuano a propalare accuse nei confronti della giunta dell'attuale sindaco.

Il rallentamento voluto da Renzi ha probabilmente spiazzato la strategia di Alfano. Che, carte della commissione d'accesso e del prefetto alla mano e spinto dagli esponenti romani del suo partito ormai ai ferri cortissimi con Ignazio Marino, meditava di sposare la linea più dura. Che non è il commissariamento della capitale, ritenuta una strada impraticabile e implausibile tanto più a pochi mesi dal Giubileo straordinario voluto da Papa Francesco, ma nemmeno una blanda tirata d'orecchi che si limiti alla sostituzione dei dirigenti compromessi e all'isolamento della magagna di Ostia con lo scioglimento del municipio sul litorale. Quello che Angelino aveva in mente di proporre al Consiglio dei ministri era una serie di misure draconiane per «blindare» la macchina del Campidoglio, mettendo di fatto la giunta e lo stesso sindaco sotto tutela, in una sorta di amministrazione controllata. Una soluzione suggerita più dalla prima relazione - quella dei tre commissari nominati dal prefetto Giuseppe Pecoraro a dicembre scorso - che da quella più «morbida» con la giunta Marino inviata ad Alfano dal nuovo prefetto, Franco Gabrielli, che rimarcherebbe una supposta «discontinuità» della nuova amministrazione rispetto a Mafia Capitale. L'accelerata della lepre Alfano era auspicata anche dal Vaticano, ai cui input Angelino è storicamente sensibile, che gradirebbe il rapido varo dei pacchetti di misure sul Giubileo e una situazione chiara anche sul fronte dell'amministrazione comunale.

Ma a sparigliare le carte è arrivato Renzi, che ha in mente una diversa exit strategy diversa per i guai capitolini.

Il premier, pur insofferente verso Marino, ha dovuto accettare come riduzione del danno l'ennesimo rimpasto della giunta e la prosecuzione dell'esperienza del sindaco chirurgo alla guida della capitale. E, come Esopo insegna, al momento ha vinto la tartaruga.

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