Mattarella gela il premier: niente elezioni fino al 2018

Incontro con Renzi. Il presidente deciso a garantire la stabilità nonostante i nodi Alfano e referendum

Mattarella gela il premier: niente elezioni fino al 2018

Roma - «Bisogna fare il possibile affinché la legislatura arrivi al 2018». Non deve averglielo detto in modo così esplicito Sergio Mattarella, ma non c'è dubbio alcuno che sia questa la convinzione profonda del presidente della Repubblica. E il tema, seppure nei toni e nei modi consoni a un incontro al Quirinale, deve essersi affacciato nel faccia a faccia di ieri mattina tra il capo dello Stato e Matteo Renzi. Ufficialmente, una riunione sul vertice Nato in programma oggi a Varsavia, ma necessariamente un momento di chiarimento dopo i rumors di questi giorni su come il Colle abbia intenzione di gestire un'eventuale crisi di governo. Sia - ma è improbabile - che possa arrivare a seguito dell'inchiesta che ha investito Angelino Alfano, sia - ipotesi quasi scontata - che segua a una vittoria del «No» nel referendum di ottobre.

D'altra parte, al di là del felpato linguaggio istituzionale, sul punto la distanza tra i due è siderale. Mattarella, infatti, in diverse occasioni private ha fatto presente ai suoi interlocutori quanto la stabilità serva a dare una dimostrazione della «serietà del sistema Italia», soprattutto rispetto all'Europa. Perché è chiaro che dopo il filotto Monti-Letta-Renzi, presentarsi a Bruxelles con un quarto premier nel giro di quattro anni e mezzo sarebbe la conferma della nostra inaffidabilità. Un rischio non solo in vista delle trattative con la Commissione Ue sui conti pubblici, ma anche rispetto al quadro che si andrà a delineare nei prossimi mesi quando sui tavoli europei dovrebbe aprirsi formalmente il dossier Brexit. Il premier, invece, è su tutt'altra linea. E nel caso di bocciatura del referendum sarebbe pronto a lasciare Palazzo Chigi, puntando direttamente alle urne e non certo ad un governo di scopo che si occupi di cambiare l'Italicum. Come auspicherebbe invece Mattarella, convinto che il doppio sistema di voto che c'è oggi non sia degno di un Paese civile. Considerando che dimessosi da premier Renzi resterebbe comunque segretario del Pd - partecipando quindi ad eventuali consultazioni sul Colle a nome di quello che è il partito di maggioranza relativa - è evidente che il rischio caos è concreto.

Così - anche se Mattarella ci tiene molto a recuperare la figura del presidente «notaio» (soprattutto dopo una fase di interventismo culminata con gli eccessi di Giorgio Napolitano) - alla fine il Colle ha sentito l'esigenza di lanciare quantomeno un segnale. Nessuna presa di posizione ufficiale del capo dello Stato certo, ma il silenzio è il massimo che Mattarella può concedere a Renzi in questa fase. Il non detto è evidente e prevedere che il presidente della Repubblica - come vogliono le sue prerogative e come ha confidato in privato diverse volte - farà il possibile per portare la legislatura alla scadenza naturale del 2018. Ecco perché avrebbe ribadito a Renzi che sarebbe opportuno spersonalizzare l'appuntamento referendario e puntare al merito della riforma.

Mattarella, dice infatti chi ha avuto occasione di sentirlo, è più che convinto che il «Sì» possa ancora vincere. E così fosse sarebbe lo stesso Renzi a garantire quella «serietà del sistema Italia» tanto cara al Quirinale.

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