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Mattarella resta senza alternative dopo il flop delle consultazioni con tutti i leader

​E niente, nemmeno la mediazione del Colle funziona. Una raffica di telefonate, un giro d'orizzonte con i leader della maggioranza, un tentativo estremo di rimettere il dentifricio nel tubetto

Mattarella resta senza alternative dopo il flop delle consultazioni con tutti i leader

E niente, nemmeno la mediazione del Colle funziona. Una raffica di telefonate, un giro d'orizzonte con i leader della maggioranza, un tentativo estremo di rimettere il dentifricio nel tubetto. Inserirsi a metà di un voto di fiducia sul governo, durante una pausa tecnica prima della replica del premier: che dire, un'operazione forse un po' ardita, magari non nello stile riservato dell'uomo, certamente poco protocollare. Ma a metà pomeriggio, vista la situazione, il muro contro muro al Senato, Sergio Mattarella decide che vale la pena provarci, e pazienza se qualcuno obbietterà o parlerà di ingerenze, o dirà che si è portato avanti con il lavoro delle consultazioni. Comunque, nessun risultato. Mario Draghi è congelato, ottenuta la fiducina a Palazzo Madama vuole presentarsi alla Camera prima di salire al Quirinale. Ma dopo di lui c'è solo il voto.

Eppure la mattinata sul Colle inizia con un prudente e moderato ottimismo, ma con il passare delle ore pure negli ovattati saloni regi inizia a montare una certa ansia. Il capo dello Stato segue il dibattito dal suo studio e, quando vede che gli animi si scaldano e la situazione sta per sfuggire di mano, fa la sua mossa. Contatta Enrico Letta e Giuseppe Conte, poi alza il telefono e chiama Silvio Berlusconi e gli domanda quale sia il suo orientamento. Il Cavaliere però, dopo qualche cordialità di rito, si limita a leggergli il comunicato che il centrodestra di governo sta per diffondere, non una riga o un commento di più. Grazie, arrivederci, alla prossima. Nuovo tentativo con Matteo Salvini. Anche qui il copione è lo stesso, con il Capitano che declama la nota congiunta Forza Italia- Lega e basta.

Un documento in cui si chiede un esecutivo nuovo e una piena discontinuità. Cioè un Draghi bis senza i Cinque Stelle, con un profondo rimpasto della squadra dei ministri e un diverso programma. Condizioni inaccettabili per il premier, che a Mattarella aveva detto di non essere disposto a compromessi al ribasso. Una cosa è perlustrare il perimetro della maggioranza, un'altra cambiare pelle e ragioni della missione. Il presidente è costretto perciò a prendere atto senza commentare.

Non che si facesse troppe illusioni. Già era stato difficile giovedì scorso far cancellare la parola irrevocabili dalle dimissioni che Draghi gli aveva consegnato, e poi convincerlo a cercare la fiducia rispedendolo alle Camere. La crisi va parlamentarizzata, gli ha spiegato, e il governo non è andato sotto. Gli ha pure procurato dei tempi supplementari, grazie al viaggio in Algeria per il gas, dando modo di decantare e smorzare, vedere se qualche spiraglio o pertugio si fosse aperto.

Al Quirinale il premier in questi giorni non è sembrato molto convinto. Alla guida di un esecutivo di unità nazionale, incaricato di risolvere le tre grandi emergenze dell'Italia, sanitaria, economica e sociale, ha veleggiato indisturbato per un annetto per poi trovarsi via via sempre più frenato dalla litigiosità dei partiti con l'avvicinarsi delle elezioni. Una maggiorana eterogenea sempre più rissosa , sempre più difficile da governare. «Si sente come Sisifo», il figlio di Prometeo costretto a trascinare un macigno sempre più grande. Un vero supplizio cercare mediazioni mentre la realtà dei fatti richiede un'azione più incisiva.

Il malessere di Draghi quindi durava da tempo ma è esploso giovedì, dopo la mancata fiducia dei grillini al decreto Aiuti. Lo strano caso di ministri che non hanno fiducia in se stessi e non si dimettono: in questi cinque anni Mattarella ha visto di tutto, quindi si è stupito fino a un certo punto e ha provato a convincere Draghi che così va il mondo dalle parti di Montecitorio e Palazzo Madama. E lo ha invitato a resistere, ricordando la gravità del momento e i pericoli a cui è esposto il Paese. Il Covid, la crisi economica, l'energia, la guerra, l'inflazione, le riforme lasciate a metà, il Pnrr da completare, la legge Finanziaria da preparare, l'esercizio provvisorio da scongiurare.

Tutti argomenti che, nell'ottica del Colle, consigliano prudenza. Ben venga quindi un piccolo rallentamento della crisi. Draghi adesso andrà alla Camera e completerà il giro istituzionale poi, salvo sorprese, salirà a riconsegnare il mandato.

A qual punto Mattarella consulterà, rifletterà e scioglierà le Camere.

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