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Mattarella vota all'ultimo: un aiutino a Palazzo Chigi

Il presidente al seggio solo in tarda serata: assist alla strategia di Renzi

Mattarella vota all'ultimo: un aiutino a Palazzo Chigi

Al seggio soltanto in tarda serata. Dopo le 20 e 30, per la precisione. Non è passato inosservato l'orario in cui Mattarella è andato alle urne. Una circostanza non casuale e che soprattutto ha un suo peso politico. E i maligni già sussurrano a mezza bocca che questa volta il Colle abbia voluto dare un aiutino a Renzi. Innanzitutto il gesto di Mattarella costituisce un precedente più unico che raro. Tutti i presidenti della Repubblica, infatti, rappresentando la Nazione hanno sempre esercitato il proprio diritto di prima mattina. Mattinieri tutti: da Pertini a Cossiga, passando per Ciampi, Scalfaro e Napolitano. Tanti i quesiti referendari e pochissimi i casi in cui l'inquilino del Quirinale ha atteso la zona Cesarini: lo fece una volta Cossiga, nel 1991, referendum sulla preferenza unica. Il «picconatore» si presentò in cabina elettorale un quarto d'ora prima della chiusura dei seggi e tutti diedero una lettura politica a quel gesto. Come non darla, quindi, anche in questo caso? Non solo: è curioso che un presidente della Repubblica così ligio alla forma e all'etichetta istituzionale, com'è Mattarella, non abbia saputo che i predecessori siano sempre stati tutti più zelanti di lui. Se ne deduce, pertanto, che la pigrizia con la quale Mattarella è andato a votare abbia una sua logica: il presidente non voleva influenzare gli elettori né apparire troppo antirenziano perché inserito a forza nel plotone del «voto per dispetto al premier». Un reparto ben assortito e che annovera gente come Prodi, Letta, Bersani ma anche le altre cariche istituzionali come i presidenti di Senato e Camera, Grasso e Boldrini. E questi ultimi due l'hanno sbandierato su Twitter e Facebook. E nota, invece, la ritrosia del capo del Quirinale nell'essere inserito in qualsivoglia parte politica. Distante anni luce dagli Scalfaro o dai Napolitano. Il referendum sulle trivelle ha acquistato però una grande connotazione politica ed è stato presentato come una sorta di primo plebiscito sul presidente del Consiglio. Il quale, si sa, aveva predicato l'astensionismo. Ora, l'immagine di capo dello Stato con la scheda in mano già all'alba, magari con tanto di servizi video da far passare nei Tg, sarebbe stato un bel colpo a palazzo Chigi. E magari avrebbe fatto pure da traino per parecchi cittadini. Già si potevano intuire le possibile letture: «Grillo chiama, Mattarella risponde». Tutte considerazioni, queste, che il capo dello Stato deve aver vagliato con estrema attenzione, come se stesse camminando sulle uova. Andare troppo presto al seggio sul mare sarebbe stato letto come uno schiaffo al premier; disertare il seggio per il mare avrebbe aperto un caso; votare ma andarci dopo i Tg della sera era l'opzione più democristiana, incolore e sobria da scegliere. E infatti. Poi, non è dato sapere cosa abbia votato nel segreto dell'urna, il presidente. E magari, se fosse stato un normale cittadino, si sarebbe pure astenuto come ha fatto Giorgio Napolitano. Certo, Mattarella avrà tenuto in grande considerazione l'opinione del presidente della Consulta, Paolo Grossi, che ha da poco ammonito come «andare a votare è un dovere perché significa essere pienamente cittadini». Tuttavia è legittimo dire «sì» o «no» ma anche non prendere posizione. Ma Mattarella, cittadino qualunque non è; e recarsi ai seggi era per lui gesto obbligato.

Non «obbligato» ma «ponderato» il modo e l'ora con cui l'ha fatto.

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