C'è una fatwa renziana contro La7? Il problema riguarda, se non l'intera rete di Urbano Cairo in sé, alcuni precisi programmi finiti nella black list di Palazzo Chigi. Talk show da «gufi», troppo schierati sul fronte antirenziano, che è meglio non frequentare specie in piena campagna militare da referendum, con la massa di indecisi da traghettare verso il Sì. Nella lista nera c'è il programma Di Martedì di Giovanni Floris, con cui il premier litigò in diretta già all'epoca di Ballarò («La tv pubblica non è dei conduttori», twittò subito dopo Renzi), e dove non ha mai messo piede. L'ultima puntata con l'assedio al ministro Delrio sul progetto del Ponte sullo Stretto ha fatto saltare i nervi al premier convincendolo ulteriormente che a programmi del genere, per chi rappresenta il governo, è controproducente prendere parte. Tanto che due giorni dopo l'europarlamentare piddina Simona Bonafè ha telefonato alla redazione di Piazza Pulita di Corrado Formigli, altro programma di La7 nella lista nera renziana, per disdire la sua presenza. Su precisa richiesta del partito, racconta il conduttore: «La Bonafè ci ha fatto sapere che il Pd le aveva chiesto di non venire in trasmissione, perché c'era un problema con La7 spiega Formigli - Non ci ha detto per quale motivo. Può capitare che un servizio o una puntata ti facciano arrabbiare e allora la volta dopo, se ti invito, mi dici di no. E invece niente del genere in questo caso, non si sa per quale motivo le fosse stato chiesto di non venire a Piazza Pulita. Dovrebbe spiegarlo l'onorevole Bonafè». Forse appunto per la suddetta fatwa, un divieto mirato a certi conduttori sgraditi a Palazzo Chigi ed esteso agli esponenti Pd. Le parole al Fatto del direttore del Tg La7 Enrico Mentana (su certi «giornalisti-opinionisti» troppo sbilanciati sul No) hanno alimentato il nervosismo, anche se poi il giornalista ha stemperato con una lettera a Dagospia: «Non ho mai detto che Renzi ha un po' ragione e che ci sono troppi fan del No a La7, non c'è nessuna tensione alle stelle qui».
Ma il problema resta aperto. «Matteo Renzi non è mai venuto da noi racconta Formigli - A parte un'intervista registrata un mese dopo che era diventato premier, in due anni non ha mai risposto ai nostri inviti. È un comportamento legittimo ma secondo me sbagliato, perché un presidente del Consiglio, anche per rispetto del pubblico, dovrebbe misurarsi con trasmissioni meno comode per lui. E invece Renzi preferisce evitare i programmi che considera critici o che possono metterlo in difficoltà. Col referendum alle porte vedo molto nervosismo nella politica e soprattutto nel Pd perché Renzi gioca la più importante partita politica della sua vita. Quindi trovo comprensibile questa attenzione spasmodica ai media, quello che trovo perdente è la logica dei veti: chi diserta ha sempre torto, chi si sottrae al confronto sbaglia. Parlo anche dal punto di vista televisivo, Renzi dà il meglio di sé quando si confronta in un vero dibattito, non quando va a monologare in uno spazio garantito, di totale sicurezza. Sulla fatwa non ci credo, e se c'è stata è durata una settimana. Certo, guardo i fatti. E vedo che non è mai andato da Floris né da me, e che contro di noi ha fatto in passato qualche tweet cattivello. Quindi faccio due più due e penso che non in quei programmi Renzi non ci voglia andare. Ma sono sicuro che verrà presto, per lui l'invito è sempre valido».
E la Gruber, anche lei «sconsigliata» dal Pd stando ai retroscena? Dalla redazione di Otto e mezzo c'è «stupore» per la ricostruzione considerata fantasiosa, nata dopo il ripensamento della Boschi sulla partecipazione al duello con Salvini (prima sì, poi no, poi sì).
Per smontarla si fa l'elenco, nell'ultimo mese, di tutte le ospitate democratiche: da Renzi alla Boschi, dalla Serracchiani a Delrio ai renziani Richetti e Nardella. Nessun divieto renziano sul programma della Gruber, dunque. E niente boicottaggio Pd alla tv di Cairo. Che è anche proprietario del Corriere della sera. Meglio rimandare eventuali vendette al dopo referendum.
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