Londra - «Mi sto preparando a una settimana piuttosto intensa». Con questo tweet il primo ministro britannico Theresa May si lascia alle spalle la tempesta politica che lunedì l'ha costretta a ricostruire ancora una volta il suo esecutivo. Le dimissioni del negoziatore per la Brexit David Davis e l'abbandono al vetriolo del ministro degli Esteri Boris Johnson non l'hanno convinta né a lasciare il suo incarico, come in molti vorrebbero, né tantomeno a posticipare la pubblicazione del nuovo piano Brexit concordato a Chequers venerdì scorso, come altri temevano. Ieri, subito dopo la riunione nel nuovo gabinetto, è infatti arrivata la conferma che il piano verrà reso noto domani come previsto.
E pazienza se il primo ha dichiarato di non poter più portare avanti una negoziazione basata su un progetto irrealizzabile, se il secondo ha scritto nella lettera di dimissioni che il sogno della Brexit sta morendo soffocata da inutili paure e se ieri anche due vice presidenti del Partito conservatore si sono dimessi per protesta. May va avanti e per ora il gioco è a suo favore tanto che gli analisti politici iniziano a chiedersi se l'addio dei due non possa trasformarsi in un'opportunità. Dopo essere riuscita a evitare la richiesta di un voto di sfiducia sulla leadership, May ha sostituito Johnson con l'ex ministro alla Salute Jeremy Hunt e David Davis con Dominic Raab, ex segretario all'edilizia abitativa mentre alla Salute è stato spostato Matt Hancock. Richiamando all'unità il governo («Dobbiamo evitare di vedere Jeremy Corbyn al potere dopo le prossime elezioni», avrebbe detto ai suoi) la premier si è circondata di fedelissimi che faranno quadrato per il tempo che ci vuole a far accettare una Brexit molto compromissoria. Nel frattempo, il negoziatore della Ue Michel Barnier fornisce un assist alla leader inglese: «Abbiamo trovato l'accordo sull'80% delle questioni».
Una pillola difficile da mandar giù per chi, nel suo partito e tra la gente, pretende un divorzio drastico dalla matrigna Europa. Non è dunque un caso se adesso al governo i tre ministri più importanti oltre a lei (Esteri, Interno, Sanità) avevano votato remain per la Brexit. Starà anche a loro convincere una parte di opinione pubblica riluttante e prevenire ulteriori attacchi.
Politici del calibro di Johnson hanno ancora parecchi amici anche oltre i confini, a partire da Donald Trump, che alla vigilia della sua visita ufficiale a Londra ha detto che «Johnson mi è sempre piaciuto e lo considero un amico», aggiungendo che stava ai cittadini decidere se volevano che la signora May restasse ancora al suo posto. Il primo ministro inglese si è sempre detta una resiliente, ma la partita è tutt'altro che chiusa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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