Sopravvive anche al voto di sfiducia dei suoi colleghi, la premier britannica Theresa May. «Combatterò contro questo voto con tutte le mie forze» aveva risposto ieri, mantenendo fede alla sua fama di resiliente e in serata, dopo 24 ore di tensione, l'attesa riconferma. Duecento voti su un totale di 317 hanno sancito la sua vittoria. Per la premier era stata un'altra giornata convulsa. Di ritorno dal meeting con i leader europei, avrebbe dovuto recarsi in Irlanda a perorare la causa di Brexit e invece alle 8.30 era stata costretta a fare una dichiarazione pubblica subito dopo l'annuncio ufficiale del voto di sfiducia nei suoi confronti che si sarebbe tenuto in serata. Se qualcuno pensava di essere riuscito a ottenere le sue dimissioni, è rimasto però a bocca asciutta. Di fronte ai giornalisti riuniti in tutta fretta si era presentata una May più battagliera che mai, decisa a rimanere al proprio posto.
«Una nuova corsa alla leadership non cambierebbe il significato di base delle trattative e queste settimane trascorse a distruggerci uno con l'altro hanno creato soltanto altre divisioni proprio nel momento in cui abbiamo bisogno di rimanere uniti ha detto la premier nulla di tutto ciò è nell'interesse nazionale». Sottolineando i progressi fatti con gli altri leader europei ha ricordato che il partito deve costruire «un Paese che va bene per tutti e portare a termine quella Brexit votata dai cittadini» e ha affermato che un nuovo primo ministro potrebbe ritardare l'uscita dall'Europa o perfino bloccarla. «Mi sono dedicata a questa causa senza risparmiarmi da quando sono diventata primo ministro ha aggiunto e sono determinata a finire il mio lavoro».
Poi ha voltato le spalle alla stampa ed è rientrata a Downing Street senza rispondere a nessuna domanda. Alle 17 è arrivata in Parlamento per un ultimo incontro con i deputati del suo partito dove è stata salutata da un applauso di supporto. Con un ultimo appello all'unità ha annunciato di non voler guidare il Paese fino alle elezioni del 2022, ma di voler rimanere fino a quando la Brexit non sarà conclusa. Da altre indiscrezioni May sembra aver anche promesso di non voler indire elezioni anticipate. Dichiarazioni di supporto erano arrivate subito anche da chi veniva indicato come un suo possibile successore. «È la persona più adatta a garantire la nostra uscita dall'Europa entro marzo» ha dichiarato il ministro degli Esteri Jeremy Hunt, mentre il Cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond ha affermato che il voto farà «piazza pulita» degli estremisti del partito per i quali «Brexit non è nell'interesse del popolo britannico».
«Per un primo ministro 117 voti a sfavore sono comunque un risultato terribile» ha dichiarato ieri Jacob Rees Mogg, il leader della fronda tory, chiedendo nuovamente le sue dimissioni. Ora la leadership della May non potrà venir contestata per un anno, ma non c'è dubbio che la sua autorità ne esce irrimediabilmente indebolita. E non l'aiuterà a convincere il Parlamento a votare l'accordo su Brexit ed è su questo che la premier si gioca veramente la carriera.
Il capo del Labour Jeremy Corbyn va all'attacco: «Non è in grado di realizzare un accordo su Brexit che funzioni per il Paese e metta al primo posto posti di lavoro e l'economia». E l'ha sfidata a riportarlo alla Camera la settimana prossima.
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