Se l'intenzione del governo è deragliare, ingaggiare una guerra con esecutivo europeo e mercati finanziari, la missione è compiuta. Per la prima volta nella storia della Commissione europea lo scambio di lettere con un paese membro che ha varato un Documento programmatico di bilancio fuori dalle regole, si conclude con una bocciatura su tutta la linea e la richiesta di un nuovo piano. Un Dpb cambiato radicalmente, da inviare entro tre settimane. Piano alternativo che non arriverà in tempi brevi perché l'esecutivo gialloverde ha già scelto la linea dello scontro. Il vicepremier Matteo Salvini ha parlato di «attacco al popolo» e per Luigi Di Maio «è la prima Manovra scritta a Roma non a Bruxelles». Al premier Conte il compito di ricucire: «Li persuaderemo».
Bruxelles non ha infierito. Il commissario agli affari economici Pierre Moscovici ha assicurato che «noi non chiudiamo la porta all'Italia, ma vogliamo portare avanti un dialogo costruttivo». Il primo passo dovrebbe appunto essere un nuovo documento, con cifre compatibili.
Il massimo che al momento il governo può offrire è la disponibilità del ministro dell'Economia. Il portavoce di Giovanni Tria ieri ha sottolineato come la bocciatura sia «ampiamente prevista», il governo «resta impegnato in un dialogo costruttivo con l'esecutivo Ue» e «si prepara a rispondere entro tempi previsti».
Nella lettera che lo stesso Tria aveva inviato alla commissione lunedì, c'era il realtà una via di uscita. La disponibilità a correggere la direzione delle politica economica del governo se il Pil non dovesse aumentare. Ieri questo aspetto è stato sottolineato dal sottosegretario alla Presidenza del consiglio Giancarlo Giorgetti: «Se sbagliamo, siamo pronti» ad attuare «meccanismi automatici di correzione della spesa».
A Bruxelles non ci sono dubbi sul fatto che serviranno correzioni. Cioè manovre nel corso del 2019. Le cifre della manovra configurano una «inadempienza particolare grave» dei patti. Saldi di finanza pubblica sballati, come era noto. Ma anche una bocciatura sul merito, visto che le misure annunciate «indicano un chiaro rischio di retromarcia sulle riforme» strutturali. Bocciata la riforma delle pensioni che permette «la sostenibilità a lungo termine del consistente debito pubblico italiano». Male il condono fiscale, che «potrebbe ridurre il già basso livello di adempimento degli obblighi fiscali» italiani.
«Ottimistiche» le previsioni di crescita del Pil, già contestate da tutti gli osservatori. Poi l'accusa più grave: la scelta di fare una legge di Bilancio puntando sul disavanzo, cioè su misure senza copertura, «comporta il rischio di ricadute negative per altri Stati» della zona euro».
Insomma, «il governo sta apertamente e deliberatamente andando contro gli impegni che aveva preso», ha accusato il vicepresidente responsabile per l'euro Valdis Dombrovskis.
Circostanza che rischia di farci escludere da ogni forma di flessibilità e aprire la strada a una procedure di infrazione.
Ogni ipotesi di compromesso comporta di fatto un ripensamento sulla manovra che per il momento non sembra alla portata del governo. Alla Commissione basterebbe una revisione del deficit di 15 miliardi. Cifra che corrisponde alla somma del reddito di cittadinanza e della riforma delle pensioni o all'aumento dell'Iva.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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