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Meloni chiama Orbán. Domani faccia a faccia al vertice di Bruxelles. "Ma la sinistra specula"

Appuntamento a Bruxelles. Non questa sera, alla cena informale organizzata dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, ma domani

Meloni chiama Orbán. Domani faccia a faccia al vertice di Bruxelles. "Ma la sinistra specula"
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Appuntamento a Bruxelles. Non questa sera, alla cena informale organizzata dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel, ma domani, quando i capi di Stato e di governo dei Ventisette si riuniranno all'Europa building per il primo vertice straordinario del 2024. Giorgia Meloni e Viktor Orbán si troveranno uno davanti all'altro e sarà l'occasione per fare il punto sulla vicenda di Ilaria Salis. Un colloquio telefonico tra i due c'è già stato ieri, ma evidente che ben altra cosa è affrontare la questione di persona.

Non potrebbe essere altrimenti, anche se a metà pomeriggio - a pochi metri dall'ingresso principale di Montecitorio - il ministro degli Esteri Antonio Tajani si muove con circospezione: «Non so se a Bruxelles si vedranno». In realtà lo sa bene, ma la prudenza è imposta dalla ragione diplomatica. Perché, aveva spiegato qualche minuto prima in Transatlantico, «politicizzare la vicenda» significa «complicarla» e «non aiuta a tutelare i diritti di un detenuto italiano». Peraltro, «se non ci fosse stato di mezzo Orbán si sarebbe parlato della cosa in modo diverso». Anche se, ammette, «trattare con questa Ungheria è difficile».

Certo, il fatto che il primo ministro ungherese abbia da anni un canale privilegiato con Meloni (che lo scorso settembre fu sua ospite al «Budapest Demographic Summit») e che sia in fase avanzata una trattativa per l'ingresso di Fidesz in Ecr non è un dettaglio. E l'opposizione ci saltata sopra. Ma è evidente che la vicenda dell'anarchica milanese detenuta in Ungheria da quasi un anno per un'ipotesi di reato che in Italia forse porterebbe ai domiciliari (lesioni refertate con prognosi di otto giorni e l'accusa di far parte di una «associazione estremista») parla da sola. Come pure le immagini di Salis in catene mani e piedi. E il fatto che tutto ciò possa accadere in un Paese dell'Unione europea - peraltro il premier ungherese sarà presidente di turno del Consiglio Ue dal primo luglio - non fa che rendere il tutto ancora più incredibile. Eppure è così, Salis - al netto delle sue responsabilità che andranno accertate, ma sempre circoscritte a reati commessi in territorio comunitari e non certo in Iran - è detenuta dallo scorso febbraio in condizioni inaccettabili, in isolamento e nell'impossibilità di contattare la sua famiglia per oltre sei mesi.

Dopo che la Farnesina ha convocato l'ambasciatore ungherese («non è un comportamento da Stato di diritto», spiega Tajani a Montecitorio), Meloni si è mossa in prima persona per fare pressioni su Budapest. Ieri ha sentito al telefono Orbán e domani lo vedrà di persona a Bruxelles (non stasera, perché la premier atterrerà in Belgio solo alle 20, mentre la cena - cui saranno tanti i leader assenti, a partire da Emmanuel Macron - inizierà alle 19). L'auspicio di Palazzo Chigi è che il pressing porti a breve risultati concreti, magari seguendo la via tracciata dalla Farnesina (se Salis ottenesse a Budapest i domiciliari, si potrebbe far valere il trattato tra Italia e Ungheria con conseguente esecuzione della misura in Italia). Sullo sfondo, resta la convinzione della premier che l'opposizione stia usando la vicenda «in maniera strumentale» anche se «farlo diventare un caso politico complica ancora di più la soluzione».

Poi, certo, rimane un qualche imbarazzo per la gestione complessiva della vicenda da parte della maggioranza.

Interpellato sulle parole del ministro Francesco Lollobrigida («non ho visto le immagini di Salis e non commento») e sulla posizione della Lega («ogni Paese punisce come vuole», dicono diversi esponenti del Carroccio), non è un caso che Tajani si chiami fuori. «Io parlo per me, non parlo per altri».

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