Cronache

Tra mendicanti, abusivi e truffatori Rimini affoga in un mare di degrado

Era il salotto della Riviera. Ora tra mendicanti, abusivi e truffatori non c'è nemmeno la buona educazione

Tra mendicanti, abusivi e truffatori Rimini affoga in un mare di degrado

Erano gli anni della musica al caffè Sombrero, degli ingressi di sgamo al cinema all'aperto «Ambasciata», delle serate al «Kursaal», delle preselezioni di Miss Italia alla «Casina del bosco», dei balli scatenati al «Mocambo» e dei concerti all'«Embassy». Tutto finito, sparito, kaput. La dolce vita di quelle gloriose stagioni estive, a Rimini non si vede più da anni, ormai. Marina centro, quello che allora era «il salotto sul mare», ha perso i suoi connotati per lasciare spazio a quello che qui chiamano «il turismo dell'infradito».

Il degrado e il decadimento della città lo si nota subito passeggiando fra i negozi, la maggior parte dei quali bazar coloratissimi che vendono dalla frutta al pallone, dove ogni cento metri trovi sdraiato per terra un mendicante con il piattino davanti o un venditore abusivo. Da piazza Tripoli le cose, se possibile, peggiorano pure. Su viale Regina Elena non è difficile imbattersi, già dalla mattina presto, nella banda dei napoletani. Tre ceffi con facce da delinquenti che con un banchetto sul quale poggiano tre campanelline fregano il turista più scemo col gioco della pallina. Più avanti, invece, su viale Regina Margherita, tra Bellariva e Miramare, dalle 23 si riempie di prostitute.

Il pensiero corre indietro ai bei tempi che furono. Quello degli anni Cinquanta, quando all'Embassy, una delle testimonianze più belle dell'architettura Liberty italiana, si esibivano Mina, Vanoni, Gaber, Battisti, Buscaglione, Peppino di Capri. Oggi è poco più che una gelateria. Al caffè concerto Sombrero cantava, in francese, l'allora sconosciuto chansonnier Silvio Berlusconi, accompagnato al pianoforte da Fedele Confalonieri (entrambi ventenni). Oggi è un bar. Al Mocambo di piazza Tripoli si organizzavano le feste più mondane della Riviera. Oggi c'è una banca. Il viale dei villini ha lasciato il posto alla speculazione edilizia degli anni Settanta e Ottanta che ha permesso la costruzione di orrendi condomini a cinque piani.

Rimini veniva definita «l'Ostenda d'Italia», la regina delle località di mare belghe. Era il luogo del bel mondo, della belle époque , composta dalla nobiltà italiana e da un turismo mitteleuropeo che riempiva i magnifici saloni del Grand Hotel raccontato nei film di Federico Fellini. Lo stesso albergo dove Gioenzo Renzi, consigliere comunale di centrodestra, lavorò per una stagione come ragazzo dell'ascensore. «È tutto cambiato – racconta sconsolato -. Grazie alle amministrazioni di sinistra è scomparso il turismo di lusso. L'unica cosa che ha saputo fare questo sindaco in quattro anni, ad esempio, è una pista ciclabile costata 750mila euro e aumentare le tasse di Imu e Tasi a da 34 milioni di euro nel 2011 a 83 milioni oggi». In verità il Comune ha avviato anche altri 100 cantieri (tra fogne, strade, ponti e rotatorie) per 56 milioni di euro sebbene il suo debito viaggi sui 130 milioni di euro e sia complice del fallimento dell'aeroporto Fellini con un buco da 65 milioni, che ha determinato il crollo del ricco turismo russo.

Poco lusso anche nella vicina Riccione, una volta la «Perla Verde» dell'Adriatico. Il Grand Hotel è chiuso da 15 anni, sulla stessa strada altri due grandi alberghi sono all'abbandono: l'«Art Noir Cafè» chiuso da dicembre e il «Miss Sixty» serrato da sei anni, strutture che ospitavano gli artisti di passaggio dalla cittadina. Nella centralissima piazzale Roma si salva solo la Deejay Square, unica attrazione che rende vitale l'area.

Viale Ceccarini si lecca le ferite: la negozio di Dolce&Gabbana è scappato, la boutique storica «Papete» pure e malgrado il sindaco Renata Tosi abbia vietato ai bagnanti di circolare in costume e ciabatte nel salotto buono di Riccione, in certe ore del giorno, anche il decoro sembra aver abbassato la serranda.

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