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Meno armi e più diplomazia La ricetta Renzi non ha estimatori

Anche le certezze di Renzi mostrano qualche incrinatura

Meno armi  e più diplomazia  La ricetta Renzi  non ha estimatori

Matteo Renzi è talmente convinto che la posizione italiana nella lotta contro il terrorismo sia quella giusta da annunciare «che nei prossimi mesi arriveranno sulle nostre posizioni anche gli altri Paesi». In quanto - sottolinea il presidente del Consiglio - il nostro atteggiamento «è il più forte in prospettiva».

Insomma, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Russia - secondo Renzi - rivedranno le rispettive strategie militari per seguire quelle indicate da Palazzo Chigi. In quanto - è sempre il premier che parla - le grandi crisi internazionali «non si risolvono con qualche dichiarazione verbale muscolare», ma «ci vuole un investimento di natura diplomatica».

Ma anche le certezze di Renzi mostrano qualche incrinatura. Così il presidente del Consiglio conferma che non è contrario ad un intervento militare: «non sono antimilitarista o terzomondista», rivelano i suoi collaboratori al Corriere della Sera. «Sono pronto ad inviare più soldati e più elicotteri. E quando sarà tutto pianificato e con una strategia comune, noi ci saremo».

E a Bruxelles, a margine del vertice Ue-Turchia tenutosi ieri, ripete che «occorre avere un grande progetto che dura mesi, probabilmente anni: per ogni centesimo speso in sicurezza, uno deve essere speso in cultura». E sul fronte strettamente militare torna a citare i casi dell'Afghanistan e del Libano. Con qualche differenza sostanziale. In Afghanistan il nostro contingente è chiuso a Camp Arena: la riduzione degli organici impedisce le uscite in sicurezza delle pattuglie. In Libano i nostri militari fanno parte di un contingente Onu e devono controllare la «blue line»: vale a dire la terra di nessuno fra Israele e Libano. E contenere l'azione dei villaggi hezbollah a nord della base delle Nazioni unite.

Come ha ricordato il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Claudio Graziano, in un recente convegno all'università Luiss, le azioni militari possono essere di «peacekeeping» o di «peace enforcing»: la prima mantiene la pace, la seconda la raggiunge attraverso l'uso delle armi. Per intenderci, il Libano è «peacekeeping», l'Afghanistan è «peace enforcing». Insomma, accomunarle non è corretto.Renzi teme che le azioni militari in Siria ed Irak facciano dimenticare l'emergenza-Libia. Ma soprattutto, anche alla luce delle parole di Piercarlo Padoan sul rallentamento della crescita legato alla paura-terrorismo, secondo il presidente del Consiglio c'è una scommessa identitaria: «Se l'Italia, se l'Europa si chiudono in casa, hanno vinto quelli lì».

Cioè, l'Isis.

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