La Merkel carica il bazooka: "Alle imprese 50mila euro"

Poche le regole da rispettare per avere il bonus: meno di 250 addetti e calo delle entrate del 60% causa virus

La Merkel carica il bazooka: "Alle imprese 50mila euro"

Da quando il governo di Angela Merkel ha deciso di rottamare l'inossidabile regola dello Schwarze Null (zero deficit) per aggredire alla gola il coronavirus, l'economia tedesca è stata subito puntellata con aiuti per 1.100 miliardi di euro. Nessuno, in Europa, ha potuto permettersi un simile sforzo. Eppure Berlino è pronta a fare di più, mettendo nelle casse delle piccole e medie imprese fino a 50mila euro al mese, a partire da giugno e fino a dicembre. Poche le regole da rispettare per beneficiare degli aiuti: l'azienda, o il libero professionista, deve avere meno di 250 dipendenti e certificare di aver subìto fra aprile e maggio un crollo delle entrate pari al 60% su base annua. Il costo dell'intervento di sostegno dovrebbe aggirarsi sui 25 miliardi, ma la stima è basata sugli esborsi previsti fino ad agosto. Potrebbe quindi lievitare se la pandemia dovesse recidivare nel periodo autunnale.

L'ulteriore pronto soccorso certifica l'insufficienza del piano di emergenza iniziale, fatto di iniezioni di denaro, garanzie sui prestiti garantiti dallo Stato e misure contro la disoccupazione, e l'esigenza di provvedimenti ad hoc per le pmi che, come in Italia, costituiscono la spina dorsale produttiva del Paese e forniscono quel valore aggiunto, fatto di innovazione, alta tecnologia e specializzazione, che poi la Germania spende sui mercati internazionale per riaffermare la propria leadership nell'export. L'imperativo è evitare una catena di fallimenti nel momento in cui, nonostante la fine della serrata da Covid-19, il cuore produttivo tedesco batte ancora a scartamento ridotto e il Paese è entrato in recessione con la conferma di ieri che il Pil si è contratto nel primo trimestre del 2,2%

Per quanto encomiabile, questa reattività ai disastri socio-economici provocati dalla pandemia è stata resa possibile solo grazie a un peccato originale per cui la Germania si è ben guardata dal fare la penitenza. Stiamo parlando del debordante surplus delle partite correnti (una bilancia commerciale allargata che comprende anche i servizi e l'interscambio di capitali). In base alle regole comunitarie l'avanzo non dovrebbe superare il 6% nella media a tre anni, un limite sempre oltrepassato da Berlino fin dal 2011. L'anno scorso il surplus è stato pari al 7,6%, ovvero circa 260 miliardi, ma dal 2009 il tesoretto vale oltre 2.350 miliardi. Quattrini che sono andati a ingrossare l'avanzo del bilancio tedesco, già reso pingue da una politica economica che non permetteva di fare deficit. Questa situazione mette Berlino in una posizione di vantaggio competitivo rispetto ad altri Paesi con meno risorse da impiegare per soccorrere il tessuto sociale e produttivo. L'ultima manovra da 55 miliardi varata dall'Italia vale per esempio oltre 155 miliardi in termini di saldo netto da finanziare. Certo, va considerata la dimensione delle economie.

Ma alcune stime mettono in luce lo squilibrio: rispetto all'ammontare complessivo degli aiuti di Stato autorizzati da Bruxelles, il governo Merkel si è ritagliato una fetta del 52% per le proprie aziende, contro il 17% del nostro Paese e della Francia. Un peso diverso che rischia di falsare le regole sulla concorrenza una volta uscita dall'incubo Covid.

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