Migranti, bustarelle e silenzi complici La Merkel finisce nella bufera

Asilo in cambio di soldi: l'Agenzia per i rifugiati è indagata L'accusa: Angela sapeva e taceva

Migranti, bustarelle e silenzi complici La Merkel finisce nella bufera

Berlino Angela Merkel sapeva da tempo che le cose non andavano bene. L'accusa lanciata dall'ex direttore dell'Agenzia federale per le migrazioni e i rifugiati (Bamf), Frank-Jürgen Weise, getta nuova benzina su una polemica che stava perdendo di intensità. Alcuni responsabili della succursale di Brema del Bamf sono accusati da due mesi di aver concesso l'asilo politico a 1200 rifugiati privi però dei requisiti per ottenerlo. Lo scorso aprile la magistratura ha aperto un'inchiesta per abuso organizzato delle procedure d'asilo ma anche per corruzione. Perché in più casi il diritto a restare sul suolo tedesco e a ricevere protezione anche finanziaria da parte della Germania sarebbe stato concesso dietro a bustarelle ricevute dagli stessi profughi, rivoltisi all'ufficio di Brema dopo aver visto le loro domande respinte da altre succursali dell'agenzia. La principale funzionaria sotto indagine, tale Ulrike B., ha respinto con fermezza le accuse di aver mai preso un centesimo per oliare alcune pratiche. Secondo fonti stampa resta il fatto che mentre le domande di asilo concesse dal Bamf di Berlno nei primi sei mesi del 2017 sarebbero il 50.3% di quelle presentate, nello stesso periodo a Brema avrebbe accettato il 96.4% delle stesse, favorendo, chissà perché, quelle dei profughi afgani. Numeri che hanno permesso all'opposizione moderata (i Liberali) e a quella dura e pura (gli xenofobi di Alternative für Deutschland) di mettere il governo sulla graticola.

Per alcune settimane è stato il ministro degli Interni Horst Seehofer a provare a metterci una toppa. Fautore della linea dura sull'immigrazione, l'ex governatore bavarese ha interesse a far vedere che con la Csu il partito cristiano-sociale alleato delle Cdu di Merkel ma presente solo in Baviera non si scherza. Nel Land meridionale si vota a metà ottobre e Seehofer vuole tirare la volta al suo partito minacciato sul fronte destro proprio da AfD. Il caso di Brema si sta però rivelando troppo complesso anche per il navigato ministro: una settimana fa la polizia si è associata all'inchiesta della magistratura mentre anche i socialdemocratici alleati di governo della cancelliera hanno chiesto che Merkel ci metta la faccia in Parlamento. D'altro canto l'artefice della politica di accoglienza che ha portato un milione di profughi in Germania fra il 2015 e il 2016 è proprio lei. Fu Merkel ad aprire le porte della Germania contro il volere anche della maggioranza del proprio partito e fu lei ad assegnare al fidatissimo Peter Altmaier, ieri sottosegretario alla cancelleria e oggi ministro per lo Sviluppo economico, la supervisione dell'intera emergenza-profughi.

Adesso Frank-Jürgen Weise ci aggiunge un carico da novanta ripetendo che la cancelliera era al corrente del caos ammnistrativo di un'agenzia chiamata nel giro di pochi mesi a gestire un flusso infinito di richieste. Due sono i rapporti che Weise aveva scritto al governo, segnalando un grave dissesto amministrativo. «Il fallimento sta nell'inazione del governo nel momento in cui le sfide che il paese doveva affrontare per gestire un milione di arrivi sono diventate chiare», ha detto l'ex numero uno del Bamf allo Spiegel.

Mentre Merkel deve trovare il modo di uscire con onore dallo scandalo, i Liberali chiedono un'inchiesta parlamentare, i servizi dicono che due islamici radicali afgani sono entrati in Germania proprio dal Bamf di Brema e un sondaggio riferisce che l'80% dei tedeschi non si fida delle decisioni del Bamf. La stessa agenzia ha ancora 50 mila vecchie pratiche da smaltire e decine di migliaia da ricontrollare.

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