Milan, forchetta in man Il menu ricco e trascurato

Il giornalista Zanatta e lo chef Battisti ci fanno riscoprire le tradizioni di una città cosmopolita

Milan, forchetta in man Il menu ricco e trascurato

Perché Milano in cucina non è mai andata di moda, nemmeno ora che è una delle capitali europee della gastronomia? Una domanda che è forse improvvido porsi in questo annus horribilis in cui la tonitruante scena gastronomica meneghina ha pagato un biglietto enormemente più alto al signor Covid rispetto ad altre città italiane e straniere. Ma una domanda interessante. A Milano chi vuole può mangiare qualsiasi cucina regionale italiana e sedersi a qualsiasi tavola etnica. Ma farà fatica a mangiare mondeghili come si deve. Un po' è una conseguenza della naturale ritrosia dei milanesi, abituati a laurà tanto ma a vantarsi poco, motivo per cui troverete molti ristoranti romani sui Navigli ma nessun ristorante milanese in riva al Tevere. Un po' perché le città tradizionalmente accoglienti sono una tavolozza ricca di colori in cui la tinta originaria si fatica a riconoscere.

«Nessuno a Milano si sente depositario del verbo culinario e questo fa sì che tutto a tavola sia giudicato senza i filtri della retorica e della bandiera. In quest'attitudine, tanta parte la dobbiamo anche alla mancanza di un turismo di massa, quel massificare i viaggi che tanto fa male alle città più desiderate e visitate del mondo», scrive Paolo Marchi nella prefazione del bellissimo libro «Cucina milanese contemporanea» (Guido Tommasi editore, 256 pagine, 28 euro), scritto da Gabriele Zanatta, giornalista e docente, curatore della guida dei ristoranti di Identità Golose, e da Cesare Battisti, chef del Ratanà di Milano e interprete della tradizione lombarda rimessa a nuovo. Utilizziamo il volume, che si bea anche delle linde illustrazioni di Gianluca Biscalchin, come guida alla scoperta dei prodotti e deipiatti della cucina milanese, convinti che alla fine dell'articolo esclamerete: però, quante specialità da quelle (o da queste) parti! Il catalogo (diviso per sezioni come nel libro) è questo.

Verdure Uno non pensa ai vegetali se pensa a Milano. Eppure verza, cardo, bieta, asparagi, rapa, barbabietola, cipolla (di Breme), patata (della Valsesia), carota selvatica e scorzonera riempiono di colori e sapori i menu di tutte le stagioni. Con l'aiuto di erbe spontanee come acetosa, tarassaco (l'«insalata matta»), aglio orsino, cardo selvatico, crescione e santoreggia.

Riso È l'emblema in tavola della Pianura Padana e della Lombardia. Si esprime al massimo nel Risotto alla milanese (con Carnaroli, cipolla, Lodigiano tipico, pistilli di zafferano, limone, aglio, przzemolo, olio evo, burro di malga e naturalmente midollo) ma anche nel Riso al salto, che nasce come piatto di recupero del fratello «espresso» ma ormai vive di vita propria, utilizzato anche come accompagnamento. Ma il riso si mangia anche in cagnone, con le erbe o nel minestrone.

Polenta Specialità settentrionale e poliedrica per definizione. Classica, frolla, in cialda, col latte.

Pesce D'acqua dolce, naturalmente. Tinche, lucci, anguille, trote, lavarelli, salmerini. Dal mare arriva il baccalà, che fritto ha una sua nobiltà.

Carne Capitolo corposo. C'è il vitello della Cotoletta alla milanese (anzi costoletta se con l'osso), dell'Ossobuco, dei Nervetti in insalata, degli Involtini di verza, dei Mondeghili. Il maiale della Cassoeula, della Rosticciata, del Cotechino, il manzo del Brasato, del Bruscitt (piatto tipico di Busto Arsizio). Il pollame che si esibisce con il Petto d'oca stagionato, con la gallina, con il pollo, con la faraona.

Quinto quarto Esempio di umiltà nobilitata (in lombardo le interiora si chiamano curadèla) ha il suo trionfo nella Trippa alla milanese, ma si esrpime anche nella lingua, nel rognone, nelle animelle così in voga, nel fegato, nel diaframma.

Rane e lumache Se riuscite a trovarne di produzione non cinese, le rane hanno un posto d'onore nel menu lombardo, fritte oppure in frittata. Le lumache Battisti le fa al vino rosso, in spiedino e nel ragù.

Formaggi Altro capitolo ricco: Gorgonzola, Crescenza, Taleggio, Bitto, Quartirolo. E poi Stracchino, Mascarpone, Branzi, Strachitunt, Formai de mut. I provoloni. Il Grana Padano usato come antonomasia e sua maestà il Parmigiano-Reggiano, spesso oscurati dalla gloria plebea del Lodigiano.

Dolci Il più famoso è il Panettone, ormai fatto in tutta Italia - e pure bene - e ricercato in tutto il mondo. Ma il panettone è dolce aristocratico, lungo e pure natalizio (anche se da anni si sta cercando di destagionalizzarlo).

Poi ci sono i dessert quotidiani, poveri, di risulta: la Rüsümada (una crema al cucchiaio da colazione, stressata da un po' di caffè), le Chiacchiere di Carnevale, gli Oss de mord, il Panfrutto.

Va bene il catalogo, direte: ma le ricette? Per quelle c'è il libro. Mica possiamo fare tutto noi!

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