A Milano strade come fiumi e la piena del Po fa paura

Allagamenti ovunque. Straripano Lambro e Seveso, metro in tilt. La città è bloccata e Pisapia non si vede

A Milano strade come fiumi e la piena del Po fa paura

Po. Seveso. Lambro. Da ieri ricorderemo bene il nome di questi fiumi, che la quarta perturbazione di novembre ha reso tutti uguali: così rabbiosi da inondare Milano e il territorio lombardo. Il «treno» di temporali provenienti dall'Atlantico ha tuonato il suo fischio e i fiumi si sono alzati oltre le sponde, tanto che ieri sera persino piazza Affari era sotto, e non in senso di cifre, ma in quello letterale; era sotto l'acqua di pozzanghere e fiumiciattoli, al punto che i rari passanti nascosti da ombrelli schiacciati a fungo dal diluvio indossavano gli stivali.

Le immagini di sabato 15 novembre sui social network fanno il giro del Paese. Arterie di traffico come viale Zara, viale Fulvio Testi e strade del quartiere Isola sono apparse su Facebook e Twitter nel loro look di laghi ondosi, scuri, dalle forti correnti, che costringevano le poche macchine a passo di formica. Dai sotterranei della città, perché il Seveso è un Lete sotterraneo che però non dimentica mai di farsi sentire, l'acqua spingeva, sradicava i tombini. Saliva nell'oscurità pomeridiana in fontane naturali.

Né il sindaco Pisapia né altri amministratori si sono visti nelle zone colpite mentre Seveso e Lambro, che da trent'anni balzano ai disonori della cronaca senza che mai sia stata trovata una soluzione, tracimavano a un'ora di distanza: alle 15.20 il Seveso nella zona nord, e ha sceso le scale fino ad allagare la stazione Garibaldi, alle 16.30 il Lambro. Quarantotto milioni di euro i danni dell'ultima «alluvione» tra il 7 e l'8 luglio, e di questa? L'amministrazione ha consigliato di non prendere l'automobile, bloccata la metropolitana, in quaranta strade morta l'energia elettrica, mentre si mettevano all'opera sessanta squadre di polizia locale, affiancate da vigili del fuoco, sette equipaggi della protezione civile e soccorsi di ogni istituzione meneghina.

Nel pomeriggio una coppia d'anziani stava attraversando via Graziano Imperatore e la donna ha rischiato d'essere portata via dal torrente in cui la strada si era trasformata. È stata salvata da un reporter, lì per documentare la laguna che entrava nelle ossa, nelle ossa della città, della gente, in cui Milano ribolliva come una Pompei sommersa da gocce invece che da lapilli. L'onda di nubi era stata annunciata, ma la verità della natura può tutto quando l'uomo vive di parole che non valgono niente. Oggi è una domenica di paralisi: niente mercati. Milano sta ferma, corre l'acqua, mentre si attende l'annunciata, quinta perturbazione novembrina prevista per inizio settimana. La gente è arrabbiata, attonita, incredula, anche se qualcuno per la strada dice: «Dobbiamo aspettarci di tutto e di peggio». Intanto Expo procede con il suo tema «Alimentare il pianeta», mentre l'acqua, primordiale alveo di vita, sta insegnando che se alle dichiarazioni non seguono azioni convincenti, e soprattutto d'amore per la propria città, anche un fiume, catalizzatore di civiltà, si trasforma in un mostro mortifero. Come il Po.

Dispaccio 148: è quello con cui il Centro funzionale monitoraggio della Regione certifica che nell'ultimo tratto lombardo la più grande via fluviale del Paese ha superato gli otto metri, raggiungendo nel ferrarese i nove. L'onda di piena potrebbe gonfiarsi oggi come un gatto maltrattato.

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