Roma - Un'intimidazione in piena regola: Mattarella non si sogni di fare «l'avvocato difensore di chi si oppone al cambiamento», e nomini immantinente il dott. prof. Giuseppe Conte presidente del Consiglio. Anche perché provare a resistere sarebbe «una causa persa: meglio non difenderla», è l'avvertimento.
A firmare il proclama è Alessandro Di Battista, ma è chiaro che a mandarlo avanti sono i capi del partito della Casaleggio, che vedono vacillare l'operazione «presa di Palazzo Chigi» e riaprirsi il braccio di ferro con la Lega. E hanno fretta, molta fretta. Nei palazzi rimbalzano voci sul Quirinale che prende tempo, dopo la clamorosa figuraccia internazionale dell'aspirante premier Giuseppe Conte: le smentite piovute dalle università di mezzo mondo sul curriculum taroccato, la brutta storia di Stamina, persino le maxicartelle esattoriali non pagate. La nomina è a rischio, dice il tam tam, troppo lesionata la credibilità del personaggio, troppo debole il suo ruolo rispetto ai partiti che lo blindano.
E allora, Di Battista (cui tutto sommato non deve dispiacere vedere Luigi Di Maio in seconda fila, spodestato da un premier travicello) minaccia una sorta di Marcia su Roma 2.0 e chiama a raccolta il «popolo» grillino: «Invito tutti i cittadini a farsi sentire. Usiamo la rete, facciamo foto, video. È in gioco il futuro del Paese. Voglio Il Governo Del Cambiamento», tuona con scialo di maiuscole. Di rincalzo arriva pure il babbo di Dibba, orgogliosamente fascista per sua stessa ammissione, e annuncia addirittura la presa del Quirinale, «simbolo della perfidia del potere», che «è più di una Bastiglia», e avverte Mattarella (chiamato «Mister Allegria») che se «il popolo incazzato» dovesse «dargli l'assalto», rubare «quadri, arazzi, tappeti, statue» e lasciare «altro che mattoni».
Lo sproloquio del genitore di Dibba, di lì a poco, viene segnalato e cancellato da Facebook, ma il messaggio è lanciato ed è chiaro. Ed è un ultimatum al Colle: «Finalmente, una maggioranza si è formata», intima Di Battista junior, «una maggioranza che piaccia o non piaccia al presidente Mattarella o al suo più stretto consigliere, rappresenta la maggior parte degli italiani. Sono gli italiani ad avere diritto ad un governo forte, un governo capace di intervenire, se necessario con la dovuta durezza, per ristabilire giustizia sociale».
Dalle opposizioni sale un'ondata di indignazione contro le minacce lanciate verso il Quirinale. Il vicepresidente della Camera, Ettore Rosato, parla di toni da «dittatore sudamericano». E aggiunge: «Capisco la stizza nel vedere Di Maio nella stanza dei bottoni, ma Di Battista lasci stare il presidente Mattarella». Quelli di Di Battista sono «parole e toni di stampo eversivo e intimidatorio di chi ignora la Costituzione e le prerogative del presidente della Repubblica», dice Piero Fassino, che pure aveva perorato la causa di un'intesa con i Cinque stelle ai tempi del dibattito sul dialogo con il Pd. Alessia Morani parla chiaramente di «intimidazioni di stampo fascista».
Ma il pressing grillino prosegue inarrestabile: «Conte è e resta assolutamente il candidato premier del M5s e della Lega», Mattarella se ne faccia una ragione, dice Di Maio. «Conte ha alle spalle circa 17 milioni di voti - spara Danilo Toninelli - che sono i cittadini italiani che ci hanno votato il 4 marzo.
E non sarà certo una stupidaggine inventata relativa al suo curriculum a cambiare le cose».E, di lì a poco, arriva la convocazione di Conte al Quirinale: l'incarico al personaggio selezionato da grillini e leghisti ci sarà. Sia pur a Borse chiuse.
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