Minniti in Libia per gli sbarchi ma tratta col governo sbagliato

Il ministro a Tripoli, intesa con Serraj: ripristinati i patti del 2009 e riaperta l'ambasciata. Però chi comanda è Haftar

Minniti in Libia per gli sbarchi ma tratta col governo sbagliato

Il ministro dell'Interno Marco Minniti è volato ieri a Tripoli per incontrare i vertici del governo libico. Insieme al presidente del consiglio presidenziale Falez Mustafa Al Serraj, c'erano anche il ministro degli esteri, Siyala e i membri del consiglio presidenziale, Maitig e Kajman.

Per il Viminale «la missione in Libia è stata l'occasione per l'avvio di una nuova fase di cooperazione tra i due Paesi». Nel corso dell'incontro, è stato ribadito «il sostegno pieno dell'Italia al governo di accordo nazionale e al ruolo della Libia nel contrasto al terrorismo, in particolare nella regione mediterranea». Da entrambe le parti «è stato espresso l'impegno congiunto a lottare contro l'immigrazione illegale e il traffico di esseri umani ed è stata approfondita la questione della lotta all'immigrazione clandestina e del traffico di esseri umani sulle quali è stato concordato un progetto per rafforzare la cooperazione tra i due Paesi nel campo della sicurezza, del contrasto al terrorismo e del traffico di esseri umani».

A margine dell'incontro, Minniti e Al Serraj hanno confermato l'impegno di affrontare insieme i problemi dei due Paesi come «il contrabbando e la protezione dei confini con particolare riferimento ai confini del sud della Libia. In questo quadro, l'ambasciata italiana che opera da Tripoli costituirà il centro di coordinamento principale di tutti questi progetti».

Insomma, non si fa altro che rispolverare gli accordi del 2009, quando l'Italia si impegnò a un investimento da 5 miliardi in Libia, in cambio del blocco delle partenze. All'epoca erano compresi anche ampie collaborazioni commerciali e l'intervento di aziende italiane per garantire la sicurezza lungo i confini a Sud del Paese. Che gli accordi funzionavano se ne ebbe una prova, ad esempio, in Tunisia, quando nel 2011, con la crisi libica e l'esodo di molte persone verso Lampedusa, in seguito agli accordi col governo Berlusconi, la guardia costiera tunisina cominciò a bloccare i barconi in partenza.

La situazione, però, non è semplice, perché il governo Serraj ha un peso politico poco incisivo, visto che è espressione dell'Onu. Chi conta sono altri poteri e, quindi, eventuali collaborazioni tra l'Italia e la Libia rischiano di essere in futuro un buco nell'acqua. Un peso importante lo ha il generale della Cirenaica Khalifa Haftar, che controlla le estrazioni e le esportazioni di petrolio e che non vede di buon occhio i contatti tra il nostro Paese e il governo attuale. «L'Italia ha scelto la parte sbagliata, il vostro capo di Stato Maggiore della Difesa ha detto che l'Italia sostiene le milizie di Misurata, cosa che va oltre una pura missione medica di pace», aveva detto tempo fa, poco dopo la visita del generale Claudio Graziano nella sua terra. Ma Minniti è persona di polso e c'è chi dice che la giusta via di mezzo che servirà a bloccare i flussi migratori saprà trovarla.

Intanto, ieri, il ministro degli esteri Angelino Alfano è volato in America per la sessione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. «All'agenda del mondo su pace e sicurezza - ha detto prima dell'incontro - l'Italia vuole aggiungere un accento su un punto che riteniamo debba far parte delle priorità di questa agenda, cioè la questione del Mediterraneo.

Possiamo giocare un ruolo importante per imprimere un rafforzamento di intensità e per gestire l'emergenza migranti, l'Europa deve finanziare gli accordi con i Paesi africani con parecchi soldi, così come ha fatto con la Turchia».

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