Roma - Martedì prossimo, alla riunione di Frontex di Varsavia, l'Italia continuerà a difendere la sua posizione, cioè «distinguere tra la salvezza in mare e l'accoglienza a terra», dice Marco Minniti. E il ministro dell'Interno pone una domanda retorica, in cui si condensa tutto il «basta!» italiano: «É possibile pensare ad una missione che sia evidentemente internazionale per il salvataggio, ma poi ad un solo Paese che accoglie?».
É stato evidente nel vertice di Tallin che su questi temi ci sono «posizioni differenti in Europa», come dice Minniti. Ma alla prossima occasione, aggiunge, «ne discuteremo con fermezza». Lì, in Estonia, l'Italia «ha portato a casa ciò che prevedevamo», cioè ben poco:più attenzione per la Libia e per la sua guardia costiera nazionale, anche se l'impegno finanziario per Tripoli è circa 10 volte inferiore di quello per Ankara. Ma ci potranno essere restrizioni sui visti per quei Paesi di provenienza che non accetteranno i rimpatri. «C'è una mossa - chiede Minniti- che può risolvere da sola la questione? No. Bisogna saper suonare più tasti di una tastiera».
Al Csm, dove si presenta la nuova figura del magistrato specializzato in immigrazione, il titolare del Viminale spiega che l'emergenza si deve affrontare «non solo dall'integrazione in Italia ma anche dall'altra parte del Mediterraneo, perché il 97 per cento dei flussi nel nostro Paese, nei primi 6 mesi del 2017, viene dalla Libia, ma non vi è nessun libico, il primo flusso riguarda nigeriani, seguiti dal Bangladesh». E come arrivano sulle nostre coste? Per il 34 per cento, spiega Minniti, a bordo di navi delle organizzazioni non governative, per il 28 della Guardia costiera italiana, per il 9 della missione Sofia, per l'11 di Frontex». Rimane dunque centrale il problema del «codice di condotta» per le ong e il ministro dice che l'Ue approva quello voluto dalla commissione Difesa del Senato, sulla base di una indagine che evidenzia come troppo spesso le navi del «salvatori» incentivino i viaggi della speranza, anche avvicinandosi troppo alle coste libiche.
Di fronte alla migrazione epocale e agli sbarchi senza precedenti, in Italia ci si organizza per affrontare più efficientemente e celermente soprattutto il primo screening, quello dei richiedenti asilo e, in senso più ampio, di chi ha diritto alla protezione internazionale. Insomma, della distinzione tra rifugiati e migranti economici. Anche i rimpatri dovrebbero subire un'accelerazione. Stanno nascendo, per questo sezioni specializzate nei 26 tribunali distrettuali italiani e si stanno semplificando le procedure per i ricorsi. Questi magistrati si occupano, dunque, di identificazione dei migranti, di rifugiati, di ricongiungimenti familiari, di apolidi e le direttive per la loro formazione e organizzazione sono state studiate dalla settima commissione. «La base - dice il presidente Claudio Galoppi- è il decreto legge del 17 febbraio scorso». Il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini ricorda che «per questi procedimenti il fattore tempo ha un valore particolare, perchè si tratta delle aspettative di vita di persone disperate e maltrattate».
Per garantire ai richiedenti asilo una «difesa effettiva», l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato e la presenza di un interprete e al difensore «un compenso effettivo», sono state sottoscritte delle linee guida dal Csm e dal Consiglio nazionale forense.
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