I sindacati sono scesi ancora in piazza contro il governo. Ieri a Roma la protesta riguardava i dipendenti pubblici. La piattaforma di Cgil, Cisl e Uil è unitaria: rinnovo dei contratti e assunzioni. L'aumento salariale da 85 euro concesso l'anno scorso sanava il blocco degli aumenti contrattuali. Ora si chiede l'apertura di una trattativa sul triennio 2019-2021. Tornata per cui, secondo le tre sigle, le risorse stanziate nell'ultima manovra (1,1 miliardi) sono insufficienti. Il problema principale riguarda le carenze negli organici, ulteriormente «assottigliati» dall'apertura delle finestre per il pensionamento di anzianità con quota 100. Nella Pa nei prossimi anni lasceranno il lavoro circa 500mila persone, praticamente uno su quattro. Senza un piano straordinario alcuni servizi pubblici rischierebbero il collasso, a partire dalla sanità.
Venerdì 14 giugno è in programma lo stop dei metalmeccanici che potrebbe essere prodromico di uno sciopero generale, più volte invocato dal leader della Cgil, Maurizio Landini. «Non escludiamo più nulla», ha dichiarato. Per ora dal governo «tante promesse ma zero fatti», ha chiosato il segretario Cisl, Annamaria Furlan. «Siamo pronti a tutto», ha assicurato Carmelo Barbagallo per la Uil. Il sindacato, sin dal crepuscolo del renzismo, ha ritrovato l'unità, solo modo per poter avanzare proposte politiche dopo la marginalizzazione cui l'aveva costretto il decisionismo dell'ex premier fiorentino. L'ultimatum vero e proprio sarà probabilmente lanciato il 22 giugno a Reggio Calabria. La mobilitazione è un modo per «ipotecare» alcuni capitoli della prossima legge di Bilancio. Landini ha invitato l'esecutivo a rispondere sulla riforma fiscale. «Ridurre la tassazione sul lavoro dipendente e sui pensionati è la priorità», ha ribadito l'ex capo della Fiom evidenziando che il governo «non ha invertito la tendenza: i precari sono rimasti precari».
Queste rivendicazioni si sono intersecate con quelle provenienti da Confindustria. «Passare dal contratto di governo a una visione più ampia di sviluppo del Paese. Direi che è venuto il momento», ha detto il presidente degli industriali, Vincenzo Boccia, chiudendo a Rapallo il convegno dei Giovani imprenditori e ha lanciato una nuova sfida al governo gialloverde. Non c'è più spazio per rinvii o litigi, se non si vuol essere ricordati come l'esecutivo delle occasioni perdute. «Nell'ultima assemblea avevamo lanciato la proposta di un patto per la crescita da siglare tra tutte le parti: vedo che l'idea non è stata colta», ha ricordato sottolineando che «proprio in momenti difficili per l'economia è opportuno superare le divisioni in nome di un progetto condiviso, di uno spirito e un senso di comunità». Le richieste, casualmente, sono le stesse del sindacato: tagliare il cuneo fiscale e favorire la creazione di nuovi posti di lavoro, soprattutto con investimenti in infrastrutture.
Anche Boccia ha chiesto a Salvini e Di Maio l'apertura di un confronto sulla legge di Bilancio, da affiancare alla realizzazione di una cabina di regia per lo sviluppo cui far partecipare, come chiesto dal presidente dei giovani imprenditori Alessio Rossi, i principali protagonisti politici e sociali. Ma soprattutto Confindustria vuole un'Italia che abbia un proprio peso specifico in Europa.
«Non vorremmo che per qualche decimale di flessibilità e con la scusa della procedura di infrazione l'Italia non abbia e non ambisca a un commissario di rango», ha detto rimarcando che «dovrebbe essere un commissario al commercio, al mercato interno, all'industria e alla concorrenza».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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