Politica

Il miraggio di fare un governo che non potrà stare in piedi

Mattarella prudente sull'accordo M5s-Pd: "Chissà se ce la faranno". Forti divisioni anche in caso di riuscita

Il miraggio di fare un governo che non potrà stare in piedi

Boh. Non sarà molto istituzionale, magari nemmeno del tutto sincera, però questa al momento è la sola risposta che filtra, l'unico punto nave che in un sabato di fine agosto dal Colle si sentono di azzardare sulla rotta dell'accordo. «Se ce la faranno? E chi può saperlo?». Pd e grillini, cioè il cane e il gatto della politica, il diavolo e l'acqua santa, hanno tre o quattro giorni per trovare l'intesa. Vista da lassù, ma anche da tanti altri punti di osservazione, sembra davvero un'operazione difficilissima, temeraria, quasi impossibile: quindi, niente paura, forse ci riusciranno. E se non funziona, non c'è problema, si torna al vecchio schema gialloverde. Hanno litigato? Beh, pazienza, faranno pace.

Ma quella sarà semmai la partita successiva. Adesso se ne sta giocando un'altra che consiste nel mettere insieme i due opposti, e pure per un periodo piuttosto lungo. Un'impresa da pazzi, grillini e pidioti infatti si odiano da sempre e sono divisi su tutto: economia, banche, Europa, riforme, opere pubbliche, democrazia rappresentativa, giustizia, vaccini, lavoro. Come si può pensare che trovino in fretta un punto di mediazione? Che riescano a stendere un programma abbastanza articolato e serio da sottoporlo entro mercoledì sera al vaglio di Sergio Mattarella? E il premier? Chi andrà a Palazzo Chigi? Senza parlare delle faide interne: Zingaretti contro Renzi, Renzi contro Gentiloni, Di Maio contro tutti. Fossero almeno dei partiti uniti

Eppure, spiegano, «ci stanno provando». Graziano Delrio, capogruppo alla Camera e mediatore per conto del Nazareno, ha individuato uno straccio di terreno comune, una linea da cui partire. «Si potrebbe coniugare l'ambiente con le grandi opere, delineare un percorso di sostenibilità». Troppo poco forse, ma insomma, da qualche parte bisogna pur cominciare. E del resto, quante volte è successo che l'unione di due debolezze si trasformi in una forza? Quindi sì, l'accordo è difficile ma possibile. Quello che appare invece impossibile, sostengono molti osservatori istituzionali, è che si trasformi in un'intesa stabile e duratura, capace di reggere tra qualche mese alle bizze di Di Maio e ai colpi di mano di Renzi.

Sta insomma sorgendo un palazzo dalle fondamenta fragili. Se mai riusciranno a costruirlo in tempo, l'edificio giallorosso avrà materiali raffazzonati, strutture lesionate, architravi marcite. Tra Pd e 5s c'è una differenza genetica, culturale e di programma che sarà arduo far riassorbire In pochi giorni. I Cinque stelle, dopo il reddito di cittadinanza, vogliono una manovra leggera ed «equa», con misure di sostegno alle famiglie e sistemi di redistribuzione sociale come il salario minimo. Il Pd chiede investimenti sul lavoro e attenzione ai conti pubblici. I grillini si battono per una riforma del sistema bancario, per la nazionalizzazione di alcuni enti e servizi e per il taglio dei parlamentari. Il Nazareno propone di bilanciare la riduzione di deputati e senatori con una nuova legge elettorale proporzionale, spinge per cancellare i decreti sicurezza approvati anche dai Cinque stelle e pretende impegni di europeismo. Distanze anche sulla politica estera: dem atlantisti e fedeli alla Ue, 5s terzomondisti amici di Putin e persino di Maduro. Sul lavoro: tutti ricordano le polemiche sulla flessibilità e il Jobs act. Sulla Sanità, a cominciare dai vaccini. Per non parlare delle infrastrutture.

Da carissimi nemici a alleati, salto triplo. Certo, anche Salvini e Di Maio prima del governo Conte sembravano agli antipodi

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