Un tempo andava pazza per Arafat. Oggi deve accontentarsi dell'ombroso presidente dell'Autorità Palestinese Abu Mazen. Ma poco cambia. L'importante per Federica Mogherini, fedele al passato di giovane militante del Partito Comunista, è che sia palestinese. E così tanto è stata algida e scontrosa a dicembre con Bibi Netanyahu, primo premier israeliano a far visita all'Unione europea in 22 anni, tanto è stata premurosa e disponibile ieri con l'anziano presidente dell'Anp arrivato a Bruxelles per chiedere nuovi aiuti finanziari e il riconoscimento dello stato palestinese. Nonostante le speranze riversate da Abu Mazen in quell'ex pasionaria diventata, grazie a Renzi, Alto Rappresentante della Politica Estera Europea neanche Federica Mogherini potrà tirar fuori lui e l'Autorità Palestinese dal vicolo cieco in cui si sono cacciati.
Tutto è iniziato con la decisione di Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale d'Israele ratificando la decisione del Congresso Usa del lontano ottobre 1995. Dopo quella ratifica Abu Mazen e i suoi hanno ufficialmente voltato le spalle agli Stati Uniti rifiutandosi di continuare a riconoscergli come mediatori in un eventuale nuovo processo di pace. Non è stata una grande decisione. Anche perché Trump dopo aver esaminato la lista dei cinque e passa miliardi di dollari regalati ai palestinesi dal 1994 ad oggi ha deciso di rinunciare anche al titolo di principale benefattore dell'Anp. E così in attesa di cancellare i 300 milioni di dollari devoluti annualmente da Usaids ha annullato il bonifico che a inizio gennaio doveva trasferire 65 milioni di dollari all'Unrwa, l'agenzia Onu per i profughi palestinesi.
Il primo obbiettivo di Abu Mazen è dunque trovare i quattrini rifiutati da Trump. E per riuscirci può soltanto sperare nell'Europa, da sempre suo secondo grande benefattore. Dal punto di vista politico è però alle prese con un problema ancor più serio. Rinunciando alla mediazione di Washington ha, di fatto, rinunciato a qualsiasi possibilità di negoziato e quindi a qualsiasi speranza di ottenere uno Stato indipendente. E a rendere il tutto più surreale s'aggiunge una pretesa tanto vana quanto contraddittoria. Abu Mazen chiede infatti alla all'Unione europea di riconoscere lo Stato palestinese e al tempo stesso di sostituirsi agli Stati Uniti come mediatore internazionale nei negoziati con Israele. Una pretesa doppiamente assurda davanti alla quale anche l'amica Mogherini può soltanto alzar le braccia. La prima richiesta si annulla da sola perché l'eventuale riconoscimento non spetta alla Ue, ma ai singoli Stati. Otto dei quali hanno già deciso in tal senso. L'illusione di un'Europa capace di sostituirsi agli Stati Uniti come mediatore nei negoziati di pace è invece di fatto irrealizzabile vista la diffidenza israeliana nei confronti di un'Unione sempre troppo disponibile con i palestinesi. Nonostante le richieste politicamente surreali ed economicamente impegnative del presidente palestinese la Mogherini non s'è, comunque, tirata indietro.
Dopo aver sottolineato che «non è tempo di disimpegno» ha promesso appoggio a una «soluzione a due Stati e Gerusalemme come capitale condivisa» e ha rassicurato Abu Mazen promettendo di subentrare agli Stati Uniti per i finanziamenti dell'Unrwa.
Insomma promesse e sorrisi. Come quelli formulati da 70 Paesi al termine della riunione organizzata da Parigi ai primi del 2017 per rilanciare il processo di pace. Promesse e sorrisi di cui nessuno ricorda più neppure l'esistenza.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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