Il mondo esplode e in Italia si perde tempo

L'indifferenza per quanto avviene nel vicino Oriente è un segnale allarmante d'impotenza se non d'indolenza; nulla ormai sembra più in grado di far breccia nelle nostre piccole e grandi preoccupazioni

Il mondo esplode e in Italia si perde tempo

Sfogliare i giornali e guardare le immagini dei notiziari televisivi in questi giorni significa inorridire, ma non capire perché possano succedere cose tanto raccapriccianti. Ogni commentatore dice la sua, che poi non è sua: riflette semmai le idee preconfezionate e divulgate da ideologi che battono bandiera rossa, magari a propria insaputa (l'espressione è di moda). Ne abbiamo lette e sentite di tutti i colori, e non ci stupiamo di niente. Assistiamo addirittura a crocefissioni e ci domandiamo come sia possibile praticare ancora simili torture.

Gli ebrei duemila anni fa inchiodarono alla croce Gesù e dell'atroce episodio stiamo ancora parlando; i musulmani in Irak e in Siria ne appendono tre al giorno e ciò passa quasi inosservato, routine che non merita neppure la pubblicazione di documenti fotografici se non nelle pagine interne. Tra poco un uomo sul patibolo in certi Paesi soggiogati dagli islamici fondamentalisti non susciterà clamore; produrrà sui lettori occidentali lo stesso effetto che suscita un incidente stradale: pena e pietà passeggere. È vero che ci si abitua più in fretta al male che al bene, ma non avremmo mai pensato che crocifissioni in serie, documentate da istantanee mandate in rete con brevi didascalie, non provocassero ondate di sdegno. Le accettiamo con rassegnazione come fossero calamità naturali.

L'indifferenza per quanto avviene nel vicino Oriente è un segnale allarmante d'impotenza se non d'indolenza; nulla ormai sembra più in grado di far breccia nelle nostre piccole e grandi preoccupazioni create dalla crisi economica. Siamo vittime e artefici di una disinformazione che distorce la realtà e ci stordisce a forza di luoghi comuni spacciati per verità.

Fummo convinti - e facciamo ammenda - che la guerra all'Irak di Saddam Hussein fosse giusta: si trattava di abbattere una dittatura insostenibile e di sostituirla con una democrazia d'esportazione. Anni e anni di battaglie, esecuzioni, attentati, morti ammazzati a migliaia. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la situazione del Paese è ulteriormente degenerata. Il dominio è saldamente nelle mani degli estremisti di Allah. Pareva che tutte le colpe fosse di George Bush, e Dio sa quante ne ebbe. Via lui, è arrivato Barack Obama salutato come un salvatore, addirittura insignito del premio Nobel per la pace ancor prima che cominciasse a governare. Un disastro. L'Irak è irrecuperabile. La gente si accoppa nel disordine totale.

Della Siria è superfluo parlare: è in balia di pazzi sanguinari a cui i progressisti di mezzo mondo si affannano a trovare giustificazioni politiche e sociologiche nonché storiche.

Ci fu un momento di esaltazione anche in Italia quando inattesa arrivò la cosiddetta primavera araba. L'Egitto tirava decentemente a campare, si sviluppava a buon ritmo. Il vento primaverile l'ha ridotto in pochi mesi a un ammasso di macerie che ne ha seppellito anche il (fiorente) turismo. Dallo sfacelo non si è salvata nemmeno la Libia dove siamo corsi, trascinati dalla Francia di Nicolas Sarkozy, a rovesciare il regime, persuasi che fosse marcio, e abbiamo contribuito a formarne uno assai peggiore di quello liquidato con una violenza e una crudeltà d'altri tempi.

Oggi la Libia è una fogna a cielo aperto. E questa roba la chiamano primavera?

In Afghanistan si combatte ininterrottamente da oltre un decennio e non si è risolto nulla; in compenso ci hanno lasciato le penne migliaia di soldati, parecchi italiani inclusi. Sarà anche vero che certi conflitti armati sono indispensabili per dirimere contenziosi altrimenti destinati a marcire e a perpetuarsi. D'altronde sarebbe stato difficile far sloggiare Adolf Hitler e le sue soldataglie usando metodi cortesi, per esempio. Ma nei casi citati sopra i cannoni sono serviti solamente a spararci sui piedi, lasciando immutato il contesto che presuntuosamente intendevamo modificare per adeguarlo agli stili occidentali.

E continuiamo a insistere a volere educare alla democrazia gente che se ne frega dei nostri teatrini politici, preferendo a essi le tetre e manipolabili disposizioni del Corano.

Aveva ragione Oriana Fallaci. Cerchiamo d'ingraziarci i musulmani nella speranza di essere uccisi per ultimi. Ignobile scopo.

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