Il giudizio vero e proprio arriverà solo a fine ottobre. Slittato perché Moody's vuole vederci chiaro sulle intenzioni del governo italiano prima di prendere una decisione drastica come un declassamento del rating sul debito italiano. Ma già ieri l'agenzia ha dato un assaggio di quanto consideri la situazione deteriorata, tagliando le sue stime di crescita del Pil italiano dall'1,5% all'1,2% per quest'anno e dall'1,2% all'1,1% per il 2019. L'economia globale secondo l'agenzia di rating è «solida» ma potrebbe aver raggiunto «il suo picco». Pesano le «tensioni commerciali degli Usa con la Cina». Stanno peggiorando, le economie mondiali ne risentiranno nel 2019, ma non per tutti allo stesso modo.
Moody's prevede che la Banca centrale europea non abbandonerà una politica espansiva. Il taglio dei tassi è slittato dai primi mesi, alla fine del 2019.
Unico paese dell'Unione Europea a non avere ingranato la crescita. Le economie del Vecchio continente hanno ingranato, trainate dalla Germania. Non l'Italia, che registra la crescita più bassa. Ma non è l'unico Paese ad avere avuto una revisione al ribasso del Pil. Le previsioni per la Francia, ad esempio, nel 2018 passano dal 2% all'1,8%.
L'Italia si conferma comunque il malato d'Europa soprattutto per la situazione dei conti pubblici, in particolare per l'elevato debito. E ora anche per l'incertezza politica che ha portato l'agenzia a rinunciare, in attesa dell'aggiornamento del Def, alla revisione per il downgrade del rating Baa2 dell'Italia, prevista per il 7 settembre. «Con ogni probabilità - ha fatto sapere Moody's - la revisione sarà conclusa al massimo entro la fine di ottobre».
Situazione particolarmente delicata, come dimostra la reazione dei mercati. Ieri solo su questo dato parziale sul Pil targato Moody's lo spread ha superato quota 270 punti base attestandosi a 275,6. Anche la Borsa ha reagito e Piazza Affari, peggiore in Europa, ha chiuso con il Ftse Mib a meno 0,44%. A pesare sul listino milanese il comparto finanziario, con le banche in rosso: spiccano le performance negative di Mediobanca e Unicredit, rispettivamente in calo dell'1,17 e dell'1,13%, in questo caso per le voci di un possibile ingresso di Elliott in piazzetta Cuccia.
Le banche restano in prima linea. In un'intervista rilasciata l'8 agosto ma resa nota ieri, Ignazio Angeloni, membro del Consiglio di vigilanza della Bce, ha sottolineato i rischi per il credito se lo spread italiano rimarrà su questi livelli. «Fino a questo momento lo choc negativo è stato assorbito senza che questo avesse un grosso effetto sul costo e l'offerta di credito, ma è difficile che continui così se lo spread crescesse ulteriormente». Un problema per le banche, ma anche per l'economia. «Una contrazione del credito metterebbe in pericolo la ripresa, che è già fragile».
La chiave di tutto è la credibilità dell'Italia e per questo diventa cruciale la sessione di bilancio. Ieri la proposta provocatoria di Renato Brunetta di Forza Italia: «Perché il governo non anticipa la Nota di Aggiornamento al Def ai primi giorni di settembre con obiettivi di debito e di deficit rigorosi e responsabili? Sarebbe la migliore risposta al disamore crescente tra gli investitori».
Consiglio arrivato dopo l'ennesimo segnale negativo per l'Italia proveniente dalla stampa finanziaria internazionale.
Ieri un editoriale di Mark Ashworth su Bloomberg che lancia l'allarme sul «dramma del debito pubblico italiano» e sulla sfiducia degli investitori nelle prossime mosse del governo. Tutti in attesa della legge di Bilancio e del Def, cartina di tornasole sulle reale intenzioni di Conte, Salvini e Di Maio.
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