"Da Moro al terrorismo Quante fake news negli intrighi politici"

L'ex ministro dell'Interno Scotti: "Spesso la disinformatia è gestita da uomini di Stato"

"Da Moro al terrorismo Quante fake news negli intrighi politici"

Le fake news come strumento di lotta politica. «Ci sono sempre state - attacca Enzo Scotti - anzi noto una certa analogia fra quello che capita oggi e quanto successe ai tempi del sequestro Moro. Certo quello fu un passaggio drammatico senza paragoni, ma allora come oggi c'era chi voleva intorbidare le acque. È la disinformatia, tecnica collaudatissima. E antichissima». Scotti sorride: a 84 anni l'ex ministro dell'Interno e sindaco di Napoli è presidente della Link Campus University. Ma quel che avviene nell'arena del potere è sempre il suo pane quotidiano.

Come nel 1978. «Ero da pochi giorni ministro del Lavoro nel governo Andreotti. Qualcuno mise in giro la storia che Moro era tenuto prigioniero a Gradoli. La notizia era falsa ma era anche vera perché in realtà le Brigate rosse avevano un covo importantissimo in via Gradoli a Roma. In ogni caso quella voce era verosimile, credibile per un'opinione pubblica ipnotizzata e frastornata, incapace in quella fase di avanzare obiezioni critiche».

Quel che colpisce è che quel nome, Gradoli, spuntò ufficialmente al termine di una seduta spiritica cui prese parte, nientemeno, Romano Prodi. «Sembra impossibile, ma quella spiegazione fu presa per buona nel clima di esasperazione e disperazione che attanagliava il Paese. Non solo - aggiunge Scotti che fu titolare del Viminale nei primi mesi cruciali del '92 - quella trama fini con il sovrapporsi ad un'altra macchinazione, quella che portò al falso comunicato numero 7 delle Brigate rosse e alla convinzione che il corpo di Moro fosse nel lago della Duchessa».

Alla fine, le due storie si risolsero lo stesso giorno, il 18 aprile. Dopo ricerche estenuanti ed errori di ogni genere, le forze di polizia entrarono nel covo di via Gradoli negli stessi momenti in cui i sub si immergevano inutilmente sotto la superficie ghiacciata del lago. Difficile raccapezzarsi. «Io ero ministro del Lavoro, osservavo con sgomento quel che succedeva, era difficile tenere la rotta e non perdere i punti di riferimento in quel continuo alternarsi di indiscrezioni. Nebbia, nebbia, ancora nebbia: soggetti diversi conducevano quel gioco che poteva avere contemporaneamente più obiettivi».

D'accordo, chi poteva avere interesse a confondere le carte, ma anche a far arrivare singoli messaggi a diversi destinatari? Scotti si fa prudente: «Non si può parlare di disinformatia di Stato, ma si può sostenere che in quel vespaio abbiano messo le mani uomini dello Stato».

Distinzioni sottili. Ragionamenti complessi su crinali scivolosissimi. «Si può pensare - riprende il navigatissimo leader, fra i big della Dc - che il piattino di Prodi sia servito per nascondere una fonte ben accreditata ai confini della galassia terroristica, ma si può anche ipotizzare che qualcuno abbia manovrato per non far arrivare subito la mano delle istituzioni al cuore delle Br. Ancora si può sostenere che il depistaggio della Duchessa sia servito prima per testare le reazioni della gente all'eventuale morte di Moro, poi per rilanciare un filo di speranza nel Paese».

Mistero. Fumo. Visioni. Sempre in bilico, come in molte storie italiane, fra banalità e dietrologia. «L'operazione Gradoli e quella della Duchessa - sostiene un brigatista di rango come Alberto Franceschini - vanno tenute insieme. E sono un messaggio ai terroristi: vi abbiamo in pugno». Chissà. Scotti non si pronuncia: «Ormai quella è storia.

Le diverse interpretazioni coesistono. Noto - è la conclusione non proprio ottimistica - che anche oggi i pozzi sono avvelenati e nessuna legge può purificare le fonti inquinate. Ci vorrebbe la buona politica».

Ma a 84 anni è arduo coltivare illusioni.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica