Guerra in Ucraina

Mosca, crepe nel regime. L'ex ministro firma un appello per la tregua

Ivanov agli Esteri fino al 2004. L'ipotesi degli 007: dietro di lui parte dell'establishment

Mosca, crepe nel regime. L'ex ministro firma un appello per la tregua

È una minuscola crepa nel muro delle certezze di Mosca. Ma è il segnale che qualche pezzo di establishment russo cova malumori sulla guerra in Ucraina. E comincia anche a manifestarli, cercando di mandare un segnale al Cremlino, pur senza voler indisporre troppo Vladimir Putin. «Dobbiamo tornare alla diplomazia e al dialogo per garantire che le controversie attuali su questioni fondamentali siano negoziate e non combattute» e perché è necessario ridurre «il rischio drammaticamente alto di un conflitto nucleare». Ecco il testo di un nuovo appello, rivolto a tutte le parti coinvolte nella guerra in Ucraina, perché si impegnino «a sostenere un cessate-il-fuoco» e «a mettere fine «all'ingiustificabile perdita di vite umane, comprese quelle di molti civili». Il documento si aggiunge a quello degli intellettuali e artisti russi, promosso dall'attivista Ponomaryov, alla dichiarazione di 5mila scienziati russi e alle singole voci di sportivi e figlie dell'élite. Ma stavolta è stato firmato da alcuni noti esponenti della diplomazia internazionale. E nell'elenco - che comprende il diplomatico tedesco Wolfgang Ischinger, ex presidente della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, Sam Nunn, ex senatore americano e co-presidente di Nuclear Threat Initiative, e l'ex ministro della Difesa inglese Des Browne - spicca il nome di Igor Ivanov, ex ministro degli Esteri russo dal 1998 al 2004, sotto la presidenza di Eltsin prima e di Putin poi (4 anni), oggi è presidente di Riac, Russian International Affairs Council e che ha collaborato alla stesura del testo. Il think tank diplomatico di Mosca fu fondato nel 2010, per decreto presidenziale dell'ex presidente Medvedev, e tra i suoi scopi principali ci sono «il rafforzamento della pace, dell'amicizia e della solidarietà fra popoli, la risoluzione dei conflitti internazionali e la promozione di soluzioni ai conflitti». Obiettivi che sembrano seppelliti dalle bombe russe in Ucraina. Ma che tornano ad essere caldeggiati da Ivanov.

Nominato per primo da Eltsin nel '98, l'ex capo della diplomazia russa non fa parte del cerchio magico di Putin. Ma il suo pressing per una soluzione diplomatica alla guerra è il segno che anche qualche figura di spicco della diplomazia estera russa comincia a manifestare imbarazzo e perplessità per la strategia puramente militare del Cremlino, considerata un errore strategico. Non è un caso che l'appello sia stato pubblicato mentre erano in corso nuovi negoziati ieri tra Russia e Ucraina. Il linguaggio usato, tra l'altro, è studiato ad hoc per arrivare al Cremlino senza indispettirlo. Non si parla delle responsabilità della guerra ma l'avviso riguarda soprattutto le sue conseguenze, il rischio nucleare. «Il dialogo, la diplomazia e i negoziati sono l'unica via accettabile per risolvere il conflitto in un modo che possa resistere alla prova del tempo».

L'aria che si respira a Mosca sembra, tuttavia, molto meno diplomatica. Secondo una «talpa» dell'Fsb, che fa da gola profonda all'attivista russo per i diritti umani Vladimir Osechkin, oggi in esilio, all'interno del Servizio di sicurezza federale potrebbe presto scattare una resa dei conti. Il controspionaggio Dkvr e lo Stato Maggiore delle Forze Armate sono a caccia dei «traditori» che avrebbero diffuso informazioni sugli spostamenti delle truppe di Mosca. E dopo gli arresti di due alti esponenti dell'Fsb, altre purghe potrebbero scattare. Secondo l'anonimo 007, i rapporti dell'intelligence avevano garantito a Putin che almeno 2mila civili armati sarebbero intervenuti in ognuna delle principali città ucraine per abbattere Zelensky e altri 5mila sarebbero scesi in piazza a favore di Mosca. «All'Fsb ci aspettavamo di diventare gli arbitri che avrebbero incoronato i politici ucraini che si sarebbero battuti» per diventare i governanti scelti da Mosca.

Avevamo persino definito i criteri per eleggere i migliori» e invece «siamo allo 0% di realizzazione di quel piano».

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