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Mr. Sant'Egidio, il nome già bocciato a sinistra

Scarsi consensi sull'ex ministro Riccardi, evocato da M5s, Pd e Leu. I gay: mai, è contro le nozze Lgbt

Mr. Sant'Egidio, il nome già bocciato a sinistra

La sinistra che invoca un candidato «condiviso» si spacca sulla prima figurina che M5s, Leu e Pd vogliono appiccicare sull'album del Quirinale. Il nome partorito dalla montagnetta di centrosinistra è quello di Andrea Riccardi, già ministro della Cooperazione internazionale del governo di Mario Monti, fondatore ed eminenza grigia della Comunità di Sant'Egidio (considerata l'Onu di Oltretevere).

Una personalità certamente di sinistra ma di altissimo profilo. Un po' troppo per i clan dei tre partiti. E infatti la candidatura rimbalzata su tutti i quotidiani di ieri è durata lo spazio di una pomeriggio. Il tempo di un non elegantissimo epitaffio di Matteo Renzi: «Con Riccardi vai sui giornali, non al Quirinale dove non ha alcuna possibilità».

Peccato, perché le caratteristiche ce le aveva tutte: credibilità internazionale, statura morale, impegno politico dalla parte degli ultimi. «È il profilo giusto», dicono Federico Fornaro e Loredana De Petris, capigruppo del partito di Roberto Speranza. Celo, celo, manca. Già, perché a strappare la giacchetta alla feluca della diplomazia vaticana in mattinata è stata la gaia compagnia di giro Lgbt+, pronta a chiedere a un uomo che ha fatto del suo impegno umanitario nel Terzo Mondo una ragione di vita il suo «quirinalizio» parere sulle coppie omosessuali. Ormai a sinistra sono talmente ossessionati dall'essere politicamente gayfriendly nel modo giusto da gettare alle ortiche un personaggio come Riccardi, perfetto per mascherare la pochezza di idee che aleggia tra il Nazareno e quel che resta di Leu e M5s, con il povero Giuseppe Conte costretto a blaterare qualche nome per non irritare i suoi. «Invocare senza logica, contro il buon senso e contro la realtà, un candidato senza coloritura politica, è la prova che Conte non ha capito dov'è», chiosa Vittorio Sgarbi. E così, mentre Enrico Letta è costretto a difendere Riccardi anche davanti ai suoi parlamentari e delegati («È il nostro candidato ideale, non un candidato di bandiera», dice il segretario dem lasciando l'assemblea dei grandi elettori Pd) il fondatore della Comunità di Sant'Egidio, che da ragazzo, in pieno 1968, organizzava con i suoi compagni di liceo nell'oratorio alla Chiesa Nuova una comunità diventata in più di 50 anni un punto di riferimento internazionale del dialogo interreligioso, mandava un messaggio in codice cambiando una paludata foto della pagina Facebook con quella che lo ritrae assieme all'ex cancelliera tedesca Angela Merkel, che nel suo giro di commiato ad ottobre scorso nella tappa romana si è intrattenuta a colloquio anche con lui. Quasi come ingenuamente credesse davvero a quel calice amaro offerto da Letta e Conte.

Purtroppo Riccardi non aveva fatto i conti con i social e la «comunità» Lgbt, che ha fatto subito partire l'offensiva contro l'ex ministro di Scelta Civica: «Lui presidente della Repubblica? Una scelta che ci lascia perplessi, nel 2013 ribadì la sua contrarietà al matrimonio Lgbt+», scrive Fabrizio Marrazzo del Partito gay.

«Sappiamo che la posizione del fondatore della comunità di Sant'Egidio non è stata di quelle che hanno favorito il percorso del ddl Zan», insiste Vladimir Luxuria. Ma che davvero la sinistra può (sop)portare al Colle un amico dei preti?

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