di Stefano Zurlo
«N iente folklore. Per carità. L'errore più grave sarebbe rimanere intrappolati nella propria immagine, nei barbaricismi di scuola, in una sorta di manierismo che fatalmente guarda al passato e non tiene conto della complessità della realtà contemporanea».
Marcello Fois (nella foto), sardo di Nuoro, scrittore consacrato da Einaudi, sceneggiatore e tante altre cose, sta seguendo da vicino la rivolta dei pastori, le loro proteste, i bidoni di latte versati sull'asfalto. E proprio per questo, per questa conoscenza non oleografica della questione che sta incendiando l'isola, non ama parole convenzionali. Quelle che combinano tradizione e buonismo, finendo per tradire quella realtà». «Oggi i pastori sardi - spiega Fois - sono imprenditori che si danno da fare, esportano in tutto il mondo, utilizzano le tecnologie più avanzate e hanno pure un discreto curriculum scolastico, in qualche caso pure il diploma o la laurea».
Via i quadretti naif, dunque, e avanti con un'analisi lucida e razionale: «Questa storia del latte si trascina da molti, troppi anni, come un problema endemico che nessuno riesce a risolvere. I miei amici, i pastori 2.0, sono stati abilissimi nel catturare l'interesse dei media e conquistare l'agognata visibilità. Sono usciti dalla solita palude in cui erano sprofondati e naturalmente questo è accaduto perché le elezioni regionali incombono, mancano solo pochi giorni, e i big sono costretti ad ascoltare, a promettere, a non girarsi dall'altra parte». Ma attenzione, questa esposizione potrebbe svanire in fretta, a urne chiuse, riconsegnando la categoria alle sue incertezze, alle sue ansie, ai suoi conti ballerini. E ai prezzi troppo bassi che strangolano l'attività.
«Siamo a un bivio - riflette l'autore di Stirpe, Luce perfetta e tanti altri romanzi di successo - c'è un momento passionale, quello del malcontento e della rabbia, e poi ci deve essere una seconda fase, più ragionata e propositiva. È il momento di fare il salto di qualità, di sedersi intorno a un tavolo e di dialogare con gli interlocutori istituzionali, anche se non si capisce bene chi siano».
Il prezzo del latte è troppo basso, anche sotto i 60 centesimi al litro. «Ora - riprende Fois - bisogna lavorare tutti insieme, tutti i 14mila pastori, per ottenere un prezzo minimo sotto il quale non si possa più scendere, con buona pace dei produttori».
Ma non sarà facile: «Questa fase richiede maturità, ci vuole una rete comune, una sorta di organizzazione corale, una piattaforma politica e non 14mila solisti che pensano di potersela cavare da soli e cosi rischiano di affondare tutti insieme».
È uno snodo decisivo. Per incidere, per portare a casa un risultato, non basta il colpo di artiglio. Servono intelligenza e lungimiranza. I giornali hanno già azzardato uno spericolato paragone con le vicende francesi, ribattezzandoli gilet bianchi. «Ma quella dei gilet è una deriva che non appartiene alla storia dei pastori, c'entra poco o niente con la nostra terra».
La speranza è che non finisca come per le miniere: «Passavano i leader e promettevano l'impossibile. Cosi il dramma di quei lavoratori si è incancrenito e trascinato per decenni, fra bugie, proroghe e contentini. Mi auguro che stavolta non vinca la disperazione ma nemmeno l'ipocrisia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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