Roma - «Santità, sono venuto qui per salutarla». Dunque, la decisione è presa, Giorgio Napolitano è a due passi dall'addio e il Papa capisce subito che non è il caso di fargli cambiare idea. Non ci prova nemmeno, gli ricorda soltanto quale «guida importante» sia per il Paese. Ma insomma: quindici, venti gennaio al massimo. Il periodo è stato scelto e per conoscere la data esatta bisogna solo aspettare fino a Capodanno, quando terminerà ufficialmente il semestre italiano di presidenza dell'Unione europea.
Due mesi. Matteo Renzi ci proverà fino all'ultimo a convincere il capo dello Stato a rimandare le dimissioni, ma intanto eccolo Napolitano che discreto, quasi in ingognito, va da Bergoglio per una visita di commiato. Un incontro a sorpresa, quindi senza agenda precostituita e senza il consueto lavoro preparatorio delle diplomazie. Un'udienza lunga, più di un'ora e mezzo, che le fonti definiscono «intensa, cordiale, di grande intesa». Si parla dei grandi temi ma soprattutto dei problemi dell'Italia: lavoro, crisi economica, tensioni sociali, famiglie che faticano ad arrivare alla fine del mese. speranze, delusioni. E si parla dei motivi che spingono il capo dello Stato a lasciare l'incarico.
L'incontro doveva restare segreto. Giorgio Napolitano arriva alle cinque di sera, accompagnato da una sola auto di scorta, evitando gli ingressi più in vista. La Lancia grigia presidenziale si presenta infatti alla porta del Perugino, quella più defilata verso via Gregorio VII, mentre gli uomini dell'ispettorato della polizia di Stato sorvegliano con discrezione la strada di accesso.
Jorge Mario Bergoglio lo aspetta alla Domus Santa Marta, il quartier generale del suo pontificato, e già questo dà al colloquio un tono ancora più personale, come un'udienza privata. Niente Palazzo Apostolico, niente cerimoniale, nessuna guardia svizzera con la divisa disegnata da Michelangelo. Solo due uomini faccia a faccia.
Il capo dello Stato aveva una grande intesa con Benedetto XVII e i due sono rimasti in contatto anche dopo l'uscita di scena di Ratzinger. Con Papa Francesco i rapporti erano meno stretti. L'ultimo incontro tra i due risaliva a un anno fa, al 14 novembre 2013, giorno della visita ufficiale di Bergoglio al Quirinale. Il quell'occasione il Pontefice non fu tenero con i guai del Belpaese e con i politici che lo guidavano. Anzi, nel suo discorso sottolineò come, di fronte alla crisi economica che «fatica a essere superata» e che «tra gli effetti più dolorosi» ha «l'insufficiente disponibilità di lavoro», «è necessario moltiplicare gli sforzi per alleviarne le conseguenze e per cogliere e irrobustire ogni segno di ripresa».
Invece adesso il clima è più disteso, quasi «da vecchi amici». Il Papa «comunista», come più volte si è autodefinito, e il presidente che comunista lo è stato davvero e a lungo sembrano intendersi bene. Ma il contenuto del colloquio è blindato, non si spiega nemmeno chi ha chiesto l'appuntamento. «Un incontro strettamente privato, svoltosi in un clima di grande cordialità, durato oltre un'ora», queste le uniche parole del portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi.
Non è molto di più quello che, ufficialmente, esce dal Colle: «Il presidente della Repubblica è stato ricevuto oggi pomeriggio in Vaticano da Papa Francesco per un incontro di carattere strettamente privato svoltosi in un'atmosfera che ha confermato l'intensità e l'affabilità del rapporto personale tra il pontefice e il presidente». Che in un'ora e mezzo spiega a Bergoglio perché deve troncare di netto il suo secondo mandato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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