È tesa e segnata da «profonde divergenze» l'atmosfera a Bruxelles, dove ieri si è tenuto il vertice Nato-Russia per tentare di disinnescare la crisi sull'Ucraina. «Non è stata una discussione facile, ci sono differenze significative e non sarà semplice colmarle. Ma proprio per questo è ancora più importante continuare il dialogo», ha spiegato al termine delle quattro ore di Consiglio il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, ribadendo che «c'è un rischio reale di un conflitto armato in Europa, ma stiamo facendo il possibile per evitarlo e per questo ci siamo seduti al tavolo con la Russia». «Gli Alleati hanno detto chiaramente che Mosca deve allentare la pressione ai confini dell'Ucraina, ma la Nato, al contempo, è disponibile a proseguire il dialogo», ad esempio «su controllo degli armamenti, limitazioni ai missili, politica nucleare, cyber-security», e a «trovare una soluzione politica alle differenze riscontrate», ha proseguito ancora Stoltenberg. Oltre alla disponibilità alla riapertura della reciproche missioni, a Bruxelles e Mosca, «senza precondizioni». La delegazione russa, però, non è stata in grado di dare una risposta immediata su un possibile programma di prossimi incontri per esplorare passi concreti.
Quel che è certo, per ora, è che la Nato ha respinto la richiesta di Mosca di avere «garanzie legali» per un freno all'allargamento dell'Alleanza a possibili nuovi membri. «Gli Alleati non sono disposti a compromettere principi chiave come il diritto dei Paesi a scegliere la propria strada e il diritto dei membri dell'Alleanza alla difesa reciproca», ha sottolineato il segretario generale.
Per quanto concerne l'Ucraina, a suo parere va divisa «la questione di principio», ossia il diritto di Kiev di entrare nella Nato, e la «questione pratica», se poi entrerà o meno. Comunque «non è l'Ucraina che minaccia la Russia, ma al contrario è Mosca che l'ha aggredita - ha detto ancora - La Nato dunque sostiene un suo partner dalla nazione militarmente più potente d'Europa. Ma Kiev non è uno stato membro e dunque non è coperta dall'articolo 5». Dopo i primi due round di colloqui diplomatici della settimana, in ogni caso, la Russia non si è impegnata a ridurre l'escalation al confine ucraino, come ha confermato ai giornalisti la vice segretaria di stato Usa, Wendy Sherman. La quale ha poi aggiunto che non è ancora chiaro quali siano gli obiettivi di Mosca, riguardo le esercitazioni di fuoco lungo la frontiera: «Si tratta di invasione? Si tratta di intimidazione? Si tratta di cercare di essere sovversivi? Non lo so. Ma questo non favorisce soluzioni diplomatiche». Sherman ha pure definito «difficile capire» come la Russia possa sentirsi minacciata dall'Ucraina quando ha il più grande esercito convenzionale d'Europa. Da parte sua, il vice ministro della Difesa russo Alexander Fomin ha ammesso che le relazioni del suo Paese con la Nato «sono a un livello criticamente basso», ma Mosca «auspica una discussione costruttiva in modo che i preparativi per gli accordi sulle garanzie di sicurezza possano cominciare al più presto».
Il ministero della Difesa ha sostenuto che durante la riunione «la parte russa ha ripetutamente offerto all'Alleanza di adottare misure di riduzione dell'escalation», ma «queste iniziative sono state ignorate e ciò crea i prerequisiti per l'emergere di incidenti e conflitti e mina i fondamenti della sicurezza». E oggi sarà il turno - a Vienna - del Consiglio Permanente dell'Osce presieduto dalla Polonia nel portare avanti la torcia del dialogo.
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