LuigiDi Maio ha perso. E Alessandro Di Battista, col biglietto in tasca per gli Stati Uniti ma sempre a Roma, è stato profetico. Ecco la sua dichiarazione di sabato sera, dopo l'ospitata a SkyTg24: «Se si rivotasse io tornerei dal mio viaggio negli Usa e mi ricandiderei, ci metterei la faccia». Previdente Dibba, perché alla fine è saltato tutto sul veto del Quirinale su Paolo Savona ministro dell'Economia. Dalle parti del Movimento, molto più che da quelle della Lega, è forte la delusione per il «sogno spezzato». Beppe Grillo twitta un «Sshhh», «Silenzio», con tanto di trailer di un film horror.
Luigi Di Maio, capo politico del Movimento, fin dall'inizio aveva puntato tutte le fiches sul «governo del cambiamento». Ha provato ad accreditarsi come «moderato» ed «europeista» nei confronti di Sergio Mattarella. Di Maio si è giocato il tutto per tutto, durante gli 80 giorni di crisi istituzionale, arrivando a rispolverare la teoria dei «due forni» di marca andreottiana. Un «contratto di governo» con la Lega o il Partito democratico. Il diavolo e l'acqua santa, pur di arrivare a Palazzo Chigi. E, ascoltando gli spifferi interni al M5s, la causa «governativa» stava particolarmente a cuore anche al braccio aziendale, Davide Casaleggio. Tutti i telefoni sono staccati. E sul capo politico aleggia l'ombra del ritorno al voto. Tra le trappole degli «ortodossi» e i dubbi di Beppe Grillo, da un po' di tempo desideroso di mettere alla porta il giovane leader di Pomigliano d'Arco. Il cui futuro è sempre più incerto. Alla ricerca disperata di quella riconferma nel ruolo di candidato premier, tutt'altro che scontata.
Così mentre Salvini dava il via da Terni alla prossima campagna elettorale, Luigi Di Maio affidava la sua rabbia all'ennesima diretta Facebook. Il tutto mentre a Torino i 5Stelle scendevano in piazza davanti alla Prefettura per manifestare la propria protesta contro il Colle.
«Oggi ci è stato impedito di fare il governo del cambiamento - si è sfogato Di Maio su Facebook - non perché ci eravamo intestarditi su Savona ma perché tutti quelli come Savona non andavano bene». Poi lo strappo: «Chi era stato critico con l'Europa non va bene come ministro della Repubblica, se questo è il punto allora abbiamo un grande problema di democrazia in Italia, questa non è una democrazia libera».
Di Maio ha precisato che nel «contratto di governo» non c'era l'«uscita dall'euro» ma la «modifica dei trattati sull'Europa» e la «rivisitazione di alcune regole europee». Il capo politico, con un coup de theatre, ha annunciato la lista dei ministri del governo mai nato. Lasciando intendere che l'accordo era già impacchettato e pronto. Bloccato dall'unico veto su Savona. Battaglia su cui Salvini ha fatto incartare tutta la trattativa. Lasciando Di Maio a mezz'aria tra il ritorno al voto, la richiesta d'impeachment per il Presidente e le incertezze sul futuro personale, terrorizzato dall'«anonimato» in cui qualcuno vorrebbe relegarlo.
Se il leghista in Umbria faceva il capopopolo, lo sconforto del grillino è palese dai muscoli contriti del viso durante il messaggio lanciato sui social network. Occhiaie, anonimo sfondo di una parete bianca. E parole di fuoco: «Il punto è se l'Italia è sovrana oppure no». Poi: «i governi li decidono sempre gli stessi, le lobby e le agenzie di rating». Infine: «Non possiamo stare a guardare, io sono molto arrabbiato». Il cerchio si è chiuso.
In serata il Movimento al gran completo si è riunito in piazza a Fiumicino, dove si andrà al voto per le amministrative il 10 giugno. «Sarò assieme a Giuseppe Conte e Alessandro Di Battista - ha scritto Di Maio - è un momento cruciale».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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