Navi, aerei, incursori: la missione anti scafisti a guida italiana

Pronti i piani militari dell'operazione Eunavfor Med, ma la risoluzione Onu sarà determinante per capire "cosa" e "come" intervenire

Navi, aerei, incursori: la missione anti scafisti a guida italiana

Per il momento manca tutto. Non c'è il mandato, non ci sono le regole d’ingaggio e non si sa nemmeno quali saranno i Paesi partecipanti. Tanto che la missione antiscafisti a guida italiana Eunavfor Med, che ha ricevuto oggi il via libera politico dell’Unione europea, è avvolta da un alone di mistero. "Non esiste un solo piano militare, ce ne sono diversi - spiega una fonte qualificata - le forze sono pronte, aspettiamo la risoluzione Onu, determinante per capire 'cosa' e 'come' fare. Poi vedremo".

La missione sarà comandata dall’ammiraglio di divisione Enrico Credendino, un ufficiale dalla vasta esperienza operativa, anche internazionale. Tra i suoi ultimi incarichi la guida della forza navale europea impegnata nella missione antipirateria Atalanta in Somalia, alla quale molti hanno fatto riferimento come "modello" per la nuova missione contro i trafficanti di esseri umani. Il quartier generale si insedierà nell'ex aeroporto romano di Centocelle che ospita anche il Coi, il Comando operativo di vertice interforze. Nell’Operational Headquarter Ue di Centocelle si insedierà l’ammiraglio Credendino, con uno staff di una quarantina di ufficiali provenienti dai vari Paesi. Sarà suo compito, tra l’altro, anche quello di coordinare l’attività di Eunavfor con quella della missione Nato in Mediterraneo Active Endeavour che, ormai pare certo, collaborerà con il dispositivo europeo.

Il comandante della forza navale, verosimilmente anche lui un ammiraglio italiano, sarà invece a bordo della flag ship, la nave bandiera del dispositivo che potrebbe trattarsi di una delle due portaerei italiane - il vetusto e più piccolo Garibaldi e la moderna Cavour. C'è, però, anche chi ipotizza l’impiego (anche come nave-comando) di una delle tre unità della cosiddetta classe "Santi" (San Giorgio, San Giusto, San Marco) già impiegate nel dispositivo di controllo dei flussi migratori e specializzate in operazioni da sbarco. Accanto alla flag ship ci saranno altre unità italiane: probabilmente 4 o 5, le stesse impiegate nell’Operazione Mare sicuro, che quindi verrebbe di fatto a cessare, e le navi di diversi altri Paesi europei., Hanno già detto di "sì" la Gran Bretagna, la Francia, la Germania e la Spagna. Alcune fonti indicano come "possibile" pure l’impiego, da parte italiana, della nave-spia Elettra in grado di raccogliere informazioni intercettando segnali radar e radio.

L'attività di intelligence è considerata fondamentale per l’attività di distruzione dei barconi e da giorni si parla di una "condivisione a 360 gradi" delle informazioni provenienti dai vari servizi, a partire dall’Aise, che in Libia ha una rete di "antenne" ampia e consolidata. È sulla base di queste informazioni - incrociate con le immagini aeree della situazione sul terreno provenienti dai velivoli senza pilota Predator, dai caccia Tornado e da altri aerei da ricognizione - verranno pianificati ed eseguiti i previsti blitz delle Forze speciali finalizzati a distruggere le imbarcazioni nei porti. Un intervento che tecnicamente non è assimilabile ai boots on the ground, cioè a quello schieramento di forze sul terreno libico che il Governo italiano ha sempre escluso, ma che deve comunque avere una chiara legittimazione Onu. Legittimazione necessaria anche per l’azione del dispositivo navale nelle acque territoriali della Libia, soprattutto con compiti di deterrenza e di "interdizione marittima", cioè di intercettazione di barconi provenienti "da luoghi di fabbricazione diversi dalla Libia e diretti verso quel paese".

La componente aerea della missione prevede anche - accanto ai Predator e ai caccia da ricognizione - un sostanzioso numero di elicotteri imbarcati di varie tipologie, pronti ad intervenire "per ogni necessità".

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