Da stamane ogni ora è buona perché il giudice argentino Claudio Bonadio emetta il secondo mandato di cattura nei confronti dell'ex presidente e oggi senatrice Cristina Kirchner, dopo quello del 7 dicembre 2017 per avere coperto i responsabili iraniani dell'attentato all'Amia - la bomba alla mutua ebraica che nel 1994 uccise 85 innocenti - come avrebbe denunciato il magistrato Alberto Nisman in Parlamento nel gennaio del 2015 se solo non fosse stato ucciso pochi istanti prima.
Sono tempi duri per «l'avvocato di successo» così si autodefinì la Kirchner ad Harvard per giustificare di fronte a increduli studenti la moltiplicazione per mille del suo patrimonio - visto che tra oggi e domani il giudice Bonadio presenterà prove contundenti per dimostrare la potenzialità corruttiva e l'incasso di borse piene di tangenti in dollari ed euro da parte di Cristina.
Numerosi i video e le immagini allegati da Bonadio alla richiesta di arresto della Kirchner fatti da chi consegnava le stecche di persona nella residenza presidenziale di Olivos all'inconsolabile vedova di Néstor Kirchner. E se di quest'ultimo su Youtube impazza un video in cui si commuove mentre accarezza con amore filiale una cassaforte, di Cristina si vedono gli occhi inumidirsi mentre riceve una valigia piena di euro tutti rigorosamente in taglio da 500 euro, «perché così occupano meno spazio» come da ordine impartito da Daniel Muñoz, già segretario particolare ed autista di Néstor, poi ereditato dalla stessa ex presidente come «raccoglitore di tangenti». Parola del finanziere Ernesto Clarens, già broker della city di Buenos Aires negli anni 80 e 90 e che dopo il fallimento della sua società si trasferì in Patagonia. Qui conobbe la coppia Kirchner e per loro cominciò a riciclare denaro sporco, frutto di stecche legate agli appalti delle opere pubbliche, denaro usato per finanziare le loro campagne elettorali, in Parlamento ma soprattutto alla Presidenza.
È Clarens uno dei 20 collaboratori di giustizia (un record in una causa per corruzione, almeno in Argentina) le cui testimonianze inchiodano la Kirchner, è lui a raccontare che nei caveaux della abitazione di El Calafate, in Patagonia, di Cristina e Néstor buonanima, «si sentiva un puzzo molto forte della tinta dei milioni di dollari stipati nell'intercapedine del muro con doppio fondo e nel sottosuolo dove c'era una cassaforte piena zeppa di contanti». Parola di Muñoz che in un momento di debolezza confessò a Clarens anche come Cristina fosse addirittura «più avida di Néstor, una vera e propria vedova nera».
Storie degne di Pablo Escobar come quella di José López, per 13 lunghissimi anni il responsabile per la costruzione di strade e ponti del kirchnerismo ed arrestato, nel giugno del 2016, mentre nel cuore della notte tentava di nascondere 9 milioni di dollari in un convento di suore di clausura a 50 Km da Buenos Aires. Le suore chiamarono la polizia che mise le manette a López pochi minuti prima che sotterrasse nel monastero le 165 mazzette di contanti. Quando la Kirchner inaugurava un'opera nuova, lui era sempre al suo fianco e, quando chiamato in causa, amava ripetere «non è magia, è il nostro modello». Bene, dopo avere passato un paio d'anni nell'inutile tentativo di farsi passare per esaurito -la follia è sovente invocata anche nei casi di corruzione- ora anche López ha deciso di collaborare con Bonadio, confessando che «i milioni di dollari in questione erano della presidente Kirchner» e che a dargli l'ordine fu «Victor Fabian Gutiérrez», altro segretario personale prima di Néstor e poi di Cristina Kirchner addetto alla «gestione delle tangenti».
Domani la Kirchner sarà chiamata a testimoniare per
difendersi e come per De Vido, suo ex superministro oggi in carcere, le prove contro di lei sono così schiaccianti che il Parlamento argentino dovrebbe presto toglierle quell'immunità che sinora l'ha salvata dalla galera.
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