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C'è una voragine nel governo. I giallorossi ora saltano in aria

I giallorossi litigano (ancora) sul fondo salva-Stati. Crimi replica a muso duro a Zinga: "Mes è strumento inadeguato"

C'è una voragine nel governo. I giallorossi ora saltano in aria

Quando mancano ormai pochissimi giorni alle Regionali e al referendum confermativo sul taglio dei parlamentari, appuntamenti elettorali decisivi per la maggioranza giallorossa, Movimento 5 Stelle e Partito Democratico, come da prassi, tornano a battibeccare. L’oggetto dell’ultimo ed ennesimo scontro tra i due partiti (teoricamente) alleati di governo è il controverso Mes.

Da un lato i dem spingono per l’attivazione del meccanismo europeo di stabilità, dall’altro i pentastellati continuano a opporre resistenza. Perché loro il fondo salva-Stati, proprio non lo vogliono.

Nei giorni scorsi il segretario del Pd Nicola Zingaretti è tornato a battere con forza sulla necessità del Mes. Nello studio di Porta a Porta, ospite di Bruno Vespa, il capo politico piddì ha infatti dichiarato: "Dire no al MES significa dire no a qualcosa che c’era in passato. Ma qui parliamo di una linea di credito da cui l’Italia può guadagnare e che investe sulla sanità". Ma non solo, visto che nel prosieguo della chiacchierata con il padrone di casa, Zinga ha proseguito tirando una frecciatina non così velata agli "amici" grillini: "Noi non arretreremo e nessuno può permettersi di dire 'capitolo chiuso'. C’è una maggioranza, c’è un governo, c’è un dibattito politico e non è chiuso nulla. Noi daremo battaglia senza alcun dubbio, con la forza degli argomenti. Qualcuno spiegasse in chiave non ideologica perché rinunciare a questa grande opportunità".

Insomma, per il segretario non ci sono dubbi: il "sì" al Mes è totale e sostanzialmente incondizionato. Al suo fianco si sono schierati diversi big del partito, come il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, il ministro degli Affari Regionali e Autonomie Francesco Boccia, Graziano Delrio e numerosi parlamentari, tutti concordi nell’abbracciare il Mes senza troppe remore.

Ecco, quest’oggi, però, Vito Crimi ha ribadito il "no" del suo Movimento 5 Stelle al meccanismo europeo di stabilità, bollandolo come "strumento inadeguato". Intervenendo ai microfoni di SkyTg24, infatti, l’attuale reggente della compagine penastellata, si è così espresso: "Per noi il Mes è uno strumento inadeguato e che non va utilizzato. Questa è la posizione del Movimento 5 stelle. Grazie alla nostra ferma posizione, il premier Giuseppe Conte è riuscito a ottenere dall’Europa molto di più, quasi 100 miliardi a fondo perduto. Abbiamo ottenuto l’acquisto da parte della Bce dei nostri titoli, che è strumento più potente del Mes. Pensiamo a quello che abbiamo ottenuto finora". Una chiusura tanto netta quanto dura, non priva di conseguenza per la stabilità già precaria di questo governo.

Più morbido, invece, il titolare della Farnesina Luigi Di Maio; intervenuto questa mattina su Rai Uno, l'ex capo politico del M5s ha cercato di smorzare i toni: "Lavoriamo sui 209 miliardi di euro che sono quelli che abbiamo e stiamo decidendo come spenderli. Non ci sono altri Paesi che ne hanno di più, non possiamo già chiedere all'Europa che ne vogliamo altri. Anche perchè non è che i soldi del Mes sono gratis, sempre debito sono. Le posizioni del M5S sul Mes sono ben note, il tema vero all'interno della coalizione è che se alimentiamo questo dibattito non facciamo altro che creare le tensioni all'interno della maggioranza...".

Le tensioni e gli attriti tra i giallorossi sono innegabili. E quasi in contemporanea con le parole di Di Maio sono arrivate anche quelle dello stesso Zingaretti, tornato a ribadire la necessità di procedere con l'agenda di governo: "Se l'esecutivo fa le cose si va avanti, ma se il governo si ferma...cade". E ancora: "Con Italia Viva, LeU e Movimento 5 Stelle abbiamo scelto un anno fa di governare insieme finché ci sono cose da fare, e ne abbiamo fatte".

Da un lato Zingaretti & Co., dall’altro Crimi e i suoi. Nel mezzo un presidente del Consiglio in difficoltà, chiamato a trovare una sintesi tra due posizioni però agli antipodi. Né il Pd né il M5s, su questo punto, non sembrano intenzionati a cedere, compiendo l’ennesima giravolta.

I risultati delle Regionali e il referendum potrebbero essere perciò decisivi, dal momento che dalle urne del 20 e 21 settembre potrebbe uscirne una maggioranza ulteriormente indebolita e che rischia di crollare, come un castello di carte, sullo snodo del Mes.

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